La sinistra col megafono spento, avvertite Landini e la Cgil.
Mentre Trump sogna il Nobel, noi sogniamo che un corteo cambi la storia.
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C’è chi ancora crede , come la Cgil, che continua nonostate la tregua a Gaza a eccitare gli animi, che basti eccitare la piazza per muovere la storia. Che basti un megafono, due slogan d’annata e qualche bandiera per cambiare la linea della politica internazionale. Peccato che il mondo, nel frattempo, giri a un’altra velocità.
Maurizio Landini e i sui continuano a scaldare folle sempre più tiepide, mentre la geopolitica si gioca tra Washington, Tel Aviv e — incidentalmente — qualche tweet di Trump che sogna il Nobel per la pace. È lì che si decide, non sotto i palloncini rossi di San Giovanni.
La verità è che le manifestazioni “per la pace” non hanno spostato di un millimetro la realtà. Israele non ha smesso di bombardare per un corteo a Roma, e il governo italiano non ha riconosciuto la Palestina perché gliel’ha chiesto un comizio sindacale.
Anzi, si direbbe che più si alza il volume nelle piazze, meno si sente la voce nelle istituzioni.
Eppure qualcuno farà finta di crederci: che le bandiere, i cori e le strade bloccate abbiano “sensibilizzato l’opinione pubblica internazionale”. Un modo elegante per dire che non è servito a nulla, ma ci si è sentiti molto civili nel farlo.
Intanto, la Cgil che una volta “dettava la linea” oggi rincorre i Cobas per non restare sola. Il sindacato più grande del Paese ridotto a fare da eco a chi urla più forte. E la sinistra, che un tempo organizzava il dissenso, ora lo subisce: la politica delegittimata dai social, le piazze colonizzate dai professionisti della rabbia, e il dibattito sostituito dall’indignazione a rotazione.
Non stupisce che i “disordini” restino l’unica traccia tangibile delle manifestazioni. Perché quando mancano i contenuti, resta solo il rumore.
La pace, se arriverà, sarà frutto di diplomazia, interessi e pressioni — non di tamburi e slogan.
Ma tranquilli: sabato prossimo ci sarà un’altra piazza, un altro appello, un’altra bandiera. E forse, se tutto va bene, anche un altro selfie con lo striscione “la pace siamo noi”.
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