Sciopero sporco
Landini e i sindacati trasformano il dramma di Gaza in un’arma contro il governo: non difesa dei diritti, ma cinico calcolo politico, sulla pelle dei lavoratori e di un popolo sotto le bombe.
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Lo sciopero generale proclamato da Maurizio Landini e da una parte del sindacalismo di base viene raccontato come una grande mobilitazione per la pace, come un atto di solidarietà verso il popolo palestinese martoriato dalla guerra. Ma basta grattare appena la vernice retorica per scoprire che dietro non c’è la difesa dei civili di Gaza, bensì l’ennesima offensiva politica contro il governo di Giorgia Meloni.
Non è la prima volta che accade. Ogni grande emergenza internazionale, ogni tema sensibile sul piano umanitario, diventa immediatamente il trampolino da cui una parte della sinistra prova a rilanciarsi. È una dinamica antica: si accende il falò dell’indignazione, si chiamano in piazza i cittadini di buona fede, quelli che sinceramente sono preoccupati per i bambini sotto le macerie o per i profughi costretti alla fuga. E poi si piega quel sentimento autentico, umano e universale, a un gioco tutto interno di potere e di contrapposizione politica.
Con Gaza, oggi, sta avvenendo la stessa identica cosa.
Se davvero lo sciopero fosse per la pace, lo vedremmo replicato con uguale intensità per il Sudan, dove centinaia di migliaia di persone sono state massacrate nell’indifferenza generale. Lo avremmo visto per l’Ucraina, bombardata e invasa da un esercito che ha distrutto città intere e deportato civili. Lo avremmo visto ieri per il Ruanda, per la Siria, per i curdi. Invece no: la mobilitazione scatta soltanto quando c’è di mezzo Israele, l’Occidente, gli Stati Uniti. C’è una selettività sospetta e ipocrita, che trasforma il dolore dei palestinesi in bandiera utile a colpire un nemico interno, cioè il governo in carica.
La verità è che lo sciopero convocato da Landini non ha nulla a che vedere con Gaza. È una prova muscolare tutta italiana. È l’occasione per rimettere al centro un sindacato in affanno, sempre più marginale nelle fabbriche e nei luoghi di lavoro, sempre più incapace di rappresentare davvero i bisogni concreti dei lavoratori. Quale beneficio porta ai civili sotto le bombe fermare i trasporti in Italia? Quale aiuto arriva a chi ha perso la casa o i figli a Gaza se i treni si bloccano a Roma o a Milano? La risposta è semplice: nessuno. L’unico risultato concreto è creare disagi ai cittadini italiani, già provati da inflazione, caro energia, difficoltà quotidiane.
Eppure il sindacato insiste. Perché? Perché il vero obiettivo è politico. Non si colpisce Israele, non si colpiscono Hamas o Netanyahu: si colpisce Palazzo Chigi. Lo si fa con la bandiera della pace, ma con la mira puntata sul governo Meloni. Si sfrutta la buona fede di chi sinceramente marcia o sciopera convinto di aiutare il popolo palestinese, e lo si arruola inconsapevolmente in una battaglia tutta interna, che nulla ha a che fare con l’umanità e tutto con i rapporti di forza tra partiti e sigle sindacali.
È un gioco cinico e pericoloso. Perché da un lato svilisce la causa palestinese, trasformandola da dramma umanitario a clava politica. Dall’altro rischia di spaccare ancora di più il tessuto sociale italiano, alimentando un clima di agitazione permanente che, come dimostra la storia, finisce per rafforzare proprio i governi che si vorrebbero indebolire. Nixon negli Stati Uniti, De Gaulle in Francia, Andreotti in Italia, Reagan negli anni Ottanta: tutti hanno tratto forza dall’eccesso di protesta, dalla piazza che pensava di bloccare il Paese e invece ha bloccato se stessa. Meloni non fa eccezione.
La sinistra, insomma, sta ripetendo il copione di sempre: illudersi che la conflittualità paghi. Ma non paga. Non paga ai lavoratori, che vedono la loro rappresentanza ridotta a megafono di parole d’ordine ideologiche. Non paga ai cittadini, che subiscono solo disagi senza ottenere nulla. Non paga nemmeno alla causa palestinese, che esce svilita e politicizzata, privata della sua universalità. E, alla fine, non paga neppure alla sinistra stessa, che si ostina a cercare consenso con le bandiere rosse al vento, mentre milioni di italiani chiedono sicurezza, stabilità, crescita economica.
Lo sciopero sporco di Landini segna un punto basso per il sindacalismo italiano: quello in cui la tragedia di un popolo viene trasformata in un pretesto, i lavoratori in pedine, la pace in slogan. Sarebbe ora di dirlo con chiarezza: chi vuole davvero aiutare Gaza lo faccia con iniziative concrete, con aiuti umanitari, con diplomazia seria. Non con il teatrino politico sulle spalle degli altri.
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