Pensioni: la sicurezza dello Stato non vale per tutti
Autonomi senza rete: il nodo irrisolto delle Casse privatizzate.
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“Con il termine meccanismo di finanziamento di un sistema previdenziale ci si riferisce alle modalità con cui vengono ridistribuiti i flussi finanziari nel tempo tenendo conto che ci si riferisce a cicli finanziari molto lunghi che abbracciano non solo l’intera vita lavorativa dell’individuo ma anche il periodo di quiescenza.
Usualmente si opera la distinzione tra:
- sistema a capitalizzazione (Funded) e
- sistema a ripartizione (Pay As You Go).
Nel primo caso le risorse introitate dall’Ente a titolo di contributi vengono accantonate in un Fondo ed investite secondo tecniche di asset-liability management, in maniera tale che al termine dell’attività lavorativa l’iscritto possa avere la certezza di una consistenza patrimoniale utile al pagamento della propria rendita previdenziale.
Viceversa, col sistema PAYG le risorse versate dai lavoratori attivi vengono immediatamente utilizzate (ripartite) per il pagamento delle rendite in essere senza (nella sua accezione pura) alcun accumulo di capitale investito. Dalla definizione si deduce come tale metodologia possa sostenersi grazie a una sorta di “patto intergenerazionale” per cui in ciascuna epoca i versamenti dei nuovi iscritti che entrano nel sistema sono impiegati per rimborsare i pensionati nell’auspicio che i futuri iscritti possano sostenere le proprie rendite maturande.
Si comprende come l’evoluzione demografica influisca direttamente sulla sostenibilità di tale sistema: se il numero dei beneficiari pensionati tende ad incrementarsi, mentre il numero dei contribuenti attivi tende a diminuire si rendono necessari interventi strutturali per evitare situazioni di tensione finanziaria.
Inquadrare il meccanismo di finanziamento con cui si opera è di fondamentale importanza poiché ciascuno di essi comporta stime e considerazioni distinte.
In particolare, nel finanziamento a capitalizzazione le variabili principali sono legate all’analisi rischio/rendimento degli impieghi (rischio finanziario), mentre il finanziamento a ripartizione richiede piuttosto un’accurata analisi della struttura evolutiva per età degli iscritti (rischio demografico)”. (Fonte: prof. Alessandro Trudda, Report n. 1/2023, CNPADC)
“Le Casse di previdenza cui sono iscritti coloro che esercitano attività professionali sono state privatizzate, dal 1° gennaio 1995, nell’ambito del riordino generale degli enti previdenziali disposto con l’articolo 1, commi da 32 a 38, della L. 537/1993.
In attuazione della delega è stato emanato il D.Lgs. 509/1994, che ha disposto la trasformazione in associazione o fondazione, con decorrenza dal 1° gennaio 1995, dei seguenti enti:
- Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense;
- Cassa di previdenza tra dottori commercialisti;
- Cassa nazionale previdenza e assistenza geometri;
- Cassa nazionale previdenza e assistenza architetti e ingegneri liberi professionisti;
- Cassa nazionale del notariato;
- Cassa nazionale previdenza e assistenza ragionieri e periti commerciali;
- Ente nazionale di assistenza per gli agenti e i rappresentanti di commercio (ENASARCO);
- Ente nazionale di previdenza e assistenza consulenti del lavoro (ENPACL);
- Ente nazionale di previdenza e assistenza medici (ENPAM);
- Ente nazionale di previdenza e assistenza farmacisti (ENPAF);
- Ente nazionale di previdenza e assistenza veterinari (ENPAV);
- Ente nazionale di previdenza e assistenza per gli impiegati dell’agricoltura (ENPAIA);
- Fondo di previdenza per gli impiegati delle imprese di spedizione e agenzie marittime (FASC);
- Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani (INPGI);
- Opera nazionale assistenza orfani sanitari italiani (ONAOSI).
Gli enti, una volta privatizzati, hanno continuato a sussistere come enti senza scopo di lucro, assumendo la personalità giuridica di diritto privato (artt. 12 e seguenti del Codice civile) e subentrando in tutti i rapporti attivi e passivi dei corrispondenti enti previdenziali: in particolare ne hanno mantenuto la funzione previdenziale, continuando a svolgere le corrispondenti attività nei confronti delle categorie per le quali gli enti medesimi sono stati istituiti, e fermo restando l’obbligo, da parte dei destinatari, della iscrizione e della contribuzione. Il decreto ha stabilito, poi, le regole che devono presiedere all’equilibrio gestionale dei nuovi enti privatizzati (introducendo accanto alle riserve tecniche una “riserva legale” pari ad almeno cinque annualità dell’importo delle pensioni in pagamento e prevedendo l’obbligo della redazione almeno triennale di un “bilancio tecnico”), i criteri di trasparenza che devono presiedere ai rapporti con gli iscritti, nonché i poteri di vigilanza affidati al Ministero del lavoro (il quale, oltre ad approvare gli statuti istitutivi ed i regolamenti, verifica l’andamento gestionale e formula, se necessario, gli opportuni rilievi. Benché con consistenti ritardi rispetto al termine inizialmente stabilito (1° gennaio 1995), tutti gli enti elencati hanno proceduto alla trasformazione in associazione o fondazione di diritto privato.
Successivamente, il comma 25 dell’articolo 2 della L. 335/1995 (Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), ha delegato il Governo ad emanare norme volte ad assicurare la tutela previdenziale in favore dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione, senza vincolo di subordinazione, il cui esercizio è subordinato all’iscrizione ad appositi albi o elenchi. In attuazione di tale norma è stato emanato il D.Lgs. 103/1996, che ha assicurato, a decorrere dal 1° gennaio 1996, la tutela previdenziale per i richiamati soggetti.
In attuazione del D.Lgs. 103/1996 sono stati istituiti i seguenti enti privatizzati:
- Ente nazionale di previdenza e assistenza psicologi (ENPAP);
- Ente nazionale di previdenza e assistenza periti industriali (EPPI);
- Ente nazionale di previdenza e assistenza infermieri professionali, assistenti sanitari e vigilatrici d’infanzia (IPASVI);
- Ente nazionale di previdenza e assistenza biologi (ENPAB);
- Ente nazionale di previdenza e assistenza pluricategoriale per agronomi forestali, attuari, chimici e geologi (EPAB).
L’articolo 2, comma 2, del D.lgs. 103/1996 ha disposto l’applicazione, per tali enti, indipendentemente dalla forma gestoria prescelta, del sistema di calcolo contributivo, con aliquota di finanziamento non inferiore a quella di computo, e secondo specifiche modalità attuative”. (Fonte: Ministero del Lavoro).
“Le Casse privatizzate del 509 – tra le quali vi è Cassa Forense – che gestiscono la previdenza di primo pilastro sono caratterizzate da un sistema misto in cui il sistema a ripartizione PAYG è integrato da una componente Funded accumulata in fase iniziale grazie ad una situazione molto favorevole nel rapporto tra attivi e pensionati. Pertanto, di fatto le Casse operano in un sistema di finanziamento misto con componente sia a ripartizione che a capitalizzazione: la loro sostenibilità dunque dovrà essere supportata da un mix sia della componente demografica (in termini di attrattività prospettica della professione e dei conseguenti futuri ingressi) sia da una oculata e prudente gestione degli investimenti del patrimonio legati alla componente Funded.” (Fonte: attuario prof. Alessandro Trudda)
Il primo pilastro rappresenta la previdenza obbligatoria pubblica, finanziata in Italia con il metodo a ripartizione che rimane il sostegno principale per le pensioni attuali e del futuro.
Vi è dunque una anomalia nel sistema di finanziamento della previdenza obbligatoria di primo pilastro tra lavoratori dipendenti, pubblici e privati, e i lavoratori autonomi.
I problemi demografici in atto con il calo delle nascite e l’allungamento della vita, comporteranno una accelerazione nel vedere il rapporto, nelle Casse di Previdenza, tra lavoratori e pensionati all’1v1 con la conseguenza, per le Casse di previdenza, di un saldo previdenziale sempre negativo e la necessità di ricorrere, per pagare le pensioni, prima al rendimento e poi al patrimonio. Ma il rendimento dipende dai mercati finanziari che non hanno certezze ma continue oscillazioni e cigni neri. Senza la garanzia finale dello Stato siffatto sistema semplicemente, crea una disparità di trattamento tra lavoratori dipendenti ed autonomi e scarica sul pensionando autonomo il rischio finanziario e questo non mi pare in linea con l’art. 38 della nostra carta costituzionale.
Per comprendere appieno il problema bisogna avere il quadro esatto della patrimonializzazione, del debito latente accumulato e del funding ratio che ne misura appunto il tasso di patrimonializzazione.
Da molte lune ho invitato tutte le Casse di Previdenza ad evidenziare questi dati che sono essenziali per valutare la sostenibilità di lungo periodo.
La storia della previdenza cilena ci insegna poi che la transizione dal regime a ripartizione a quello a capitalizzazione porta al default.
Quale “morale” trarre, dalla situazione cilena? Che un sistema pensionistico a capitalizzazione, pur avendo in astratto ovvi pregi tra cui una maggiore indipendenza nella scelta del momento di pensionamento senza produrre impatti sulla collettività, cade vittima di situazioni in cui il risparmio destinabile a previdenza si riduce. Nel senso che, se una persona non ha versato abbastanza al fondo pensione, sia perché non poteva, necessitando di ogni centesimo per sbarcare il lunario, sia perché non voleva, avendo deciso di consumare nel presente il reddito di lavoro, il sistema tende a deteriorarsi e viene abbattuto dalle proteste sociali.
L’analisi predittiva basata sull’intelligenza artificiale potrebbe rappresentare un asset vincente per la categoria dei professionisti sul tema della previdenza, perché consente di poter guardare avanti oltre i numeri attuali, per anticipare cosa potrebbe accadere domani alle Casse dei professionisti italiani.
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