Flotilla, il nulla oltre lo show
Promettevano di sfidare il blocco, hanno solo consegnato selfie e disagi ai pendolari.
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Era già scritto nel copione. La Global Sumud Flotilla, partita con toni epici e slogan altisonanti, è finita esattamente come si prospettava: navi fermate senza colpo ferire, equipaggi scortati a terra, attivisti identificati e in procinto di essere rispediti a casa. Fine. Nessun carico umanitario consegnato, nessun blocco navale scalfito, nessuna modifica al conflitto in corso. Un epilogo scontato, privo perfino del pathos che i promotori speravano, cioè lo scontro sanguinoso e il martirio. Nemmeno quello hanno ottenuto.
La diplomazia italiana, per bocca del ministro degli Esteri Tajani, ha già annunciato il rimpatrio dei connazionali. In due giorni saranno di nuovo a casa, a raccontarsi come eroi di un’avventura che ha cambiato… nulla. E mentre le televisioni nostrane gonfiavano il caso fino a trasformarlo in una sorta di telenovela a puntate, il resto del mondo non se n’è quasi accorto. Nei notiziari internazionali la vicenda è rimasta relegata a trafiletti di cronaca, priva di peso politico. La ragione è semplice: fuori dall’Italia hanno capito subito che si trattava di un’operazione più mediatica che concreta, più show che realtà.
Eppure, qui da noi, la sinistra e i suoi megafoni mediatici hanno trasformato la traversata in una specie di epopea resistenziale. Inutile sottolineare come, paradossalmente, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni abbia già ringraziato di tanta agitazione: la polarizzazione gioca a favore del governo, che può mostrarsi al contempo garante della sicurezza e moderato difensore degli italiani all’estero. Ogni corteo di protesta, ogni stazione ferroviaria bloccata da qualche centinaio di attivisti, equivale a un pacchetto di voti regalati alla maggioranza.
Il risultato, intanto, lo pagano i cittadini comuni. A Roma la stazione Termini è stata chiusa, Piazza dei Cinquecento occupata da un migliaio di manifestanti, il traffico paralizzato, le auto costrette a scivolare lungo i marciapiedi per farsi largo. A Napoli stazione occupata e a Genova porto assediato. Dai cortei i soliti cori: “Free Palestine”, “Intifada”, “Blocchiamo tutto il Paese”. Slogan consumati, rituali da teatrino che nulla hanno a che fare con la sofferenza reale dei gazawi. Perché, ironia della sorte, da questa “missione” a Gaza non è arrivato neppure un pacco di riso.
Gli aiuti sarebbero potuti transitare molto più rapidamente per i canali ufficiali, via Cipro o attraverso l’Egitto. Ma questo non garantiva la passerella, le foto in mare, i selfie a bordo, le interviste in diretta streaming. Non generava like né visualizzazioni, non assicurava la narrazione eroica utile a costruire carriere politiche e mediatiche. Meglio, dunque, l’illusione di forzare il blocco, ben sapendo che la marina israeliana non avrebbe lasciato passare neppure un gommone. Una sfida impari, ma soprattutto inutile.
La verità è che nessuno, a Gaza, ha visto cambiare la propria vita grazie alla Global Sumud Flotilla. Nessuna famiglia ha ricevuto medicine, nessun bambino ha avuto acqua potabile, nessuna tregua è stata ottenuta. La guerra continua identica a ieri, e lo spettacolo della flotilla non ha spostato di un millimetro gli equilibri diplomatici. Non un solo Stato ha pensato di avviare iniziative contro Israele a seguito dell’abbordaggio. Nemmeno una risoluzione è stata discussa nelle sedi internazionali. Silenzio.
A restare, sono solo le macerie di una farsa. Gli attivisti italiani torneranno a casa con la certezza di aver “alzato la voce”, ma nella sostanza non hanno lasciato traccia. Anzi: hanno consegnato al governo un assist insperato e hanno seminato disagi ai loro stessi concittadini. A Landini e agli altri leader in cerca di visibilità, non resta che cavalcare l’onda delle proteste, gridando allo scandalo e inventandosi scioperi generali a casaccio, come se fosse questo il modo di rispondere al dramma mediorientale.
In definitiva, la Global Sumud Flotilla non è stata altro che un grande esercizio di narcisismo politico: un atto privo di conseguenze per chi diceva di voler difendere, ma pieno di conseguenze negative per chi, in Italia, si è visto bloccare treni, strade, stazioni e giornate di lavoro. Una messinscena travestita da missione umanitaria. Una dimostrazione che, a volte, dietro le bandiere e gli slogan, c’è solo la smania di mettersi in mostra.
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