Flottiglia-farsa
I “pacifisti” che ieri rifiutavano il riarmo oggi chiedono la Marina: irresponsabilità a giorni alterni. Dietro la bandiera degli aiuti umanitari si nasconde una pura operazione di propaganda: irresponsabile, incoerente e pericolosa per l’Italia.
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C’è un limite oltre il quale la propaganda diventa irresponsabilità.
Che il fatto che dei nostri parlamentari, per partecipare a questo circo costringano i nostri soldati a mobilitarsi per proteggerli è davvero vergognoso. La Schlein se fosse una persona seria dovrebbe richiamarli subito. Probabilmente non si rendono conto di quanta credibilità perdono tra i cittadini comuni. La cosiddetta “flottiglia per Gaza” lo ha superato da tempo. Presentata come missione umanitaria, si rivela invece per quello che è: un’azione politica, studiata per forzare il blocco israeliano e guadagnarsi titoli di giornale, a costo di trascinare altri Paesi — Italia in testa — in incidenti che potrebbero avere conseguenze gravissime.
Gli aiuti veri non si portano con barche improvvisate che sfidano un blocco navale: si consegnano attraverso i canali già esistenti, sicuri e riconosciuti. Ma a chi partecipa alla flottiglia non interessa l’efficacia. Interessa l’immagine, la foto simbolo, il martire da esibire. Non è solidarietà, è teatro politico.
E il paradosso è lampante: gli stessi che fino a ieri gridavano contro il riarmo europeo e nazionale oggi invocano navi militari italiane per scortare i loro natanti. Pacifismo a giorni alterni, a seconda della convenienza. Una coerenza degna di nota, ma solo come esempio di ipocrisia.
C’è poi un’altra domanda che resta sospesa: se davvero a bordo ci sono attivisti da oltre quaranta Paesi, perché nessuno di quei governi — salvo rarissime eccezioni — si è mosso per tutelarli? Perché nessuno ha mandato navi militari a difendere i propri cittadini? Perché l’onere dovrebbe ricadere sempre sull’Italia, che già si trova esposta in scacchieri internazionali delicatissimi?
Israele ha mostrato più volte di non arretrare davanti a pressioni esterne. Pensare che un manipolo di attivisti, con barche precarie, possa scalfire la determinazione di un Paese che combatte da decenni per la propria sopravvivenza è un’illusione. La verità è che chi partecipa a queste missioni cerca lo scontro, non la pace.
Ecco allora il punto: il Governo non può e non deve farsi trascinare in questo gioco pericoloso. Ogni scorta navale concessa a iniziative del genere rischia di trasformarsi in benzina sul fuoco di un conflitto già incandescente. Non si mette a rischio la sicurezza nazionale, né i rapporti diplomatici, per assecondare il capriccio di chi confonde il proprio protagonismo con la lotta per la giustizia.
La flottiglia non porterà pace né aiuti. Porterà soltanto propaganda.
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