Cosa sta succedendo alla Global Sumud Flotilla?

La chiamano Global Sumud Flotilla, ma sembra più la gita sociale della parrocchia, con la differenza che qui non si portano panini e chitarre ma un carico di buone intenzioni e di improvvisazione. Doveva essere l’epopea dei mari, la rottura eroica del blocco di Gaza: si è trasformata in una crociera di dilettanti allo sbaraglio, fra barche mezze sgangherate, equipaggi ridotti e comunicati che suonano più come volantini di un centro sociale che come piani operativi.

C’è stata la cacciata della cronista, i ritardi interminabili, e persino il piccolo dramma della star ambientalista che sbatte la porta dal comitato direttivo. Più che una flottiglia, un reality show in mare aperto. Intanto i giorni passano, le navi arrancano e Gaza resta sempre lì, irraggiungibile, mentre Israele discute se rinchiudere i partecipanti alla prima occasione utile.

Ma guai a riderci troppo sopra: dietro la farsa resta la tragedia, quella vera, di una popolazione assediata da anni. E proprio questo è il paradosso: la “flotta Brancaleone” non arriverà mai a cambiare la storia, ma ha già ottenuto una vittoria imprevista. Ha mostrato che basta qualche vela malandata e un pugno di idealisti della domenica per mettere in allarme ministri e governi, per far scattare proclami, minacce e droni.

Forse la lezione è questa: quando un’armata di sprovveduti riesce a far tremare i potenti, significa che i potenti non sono poi così sicuri di sé.