Suicidio assistito negato, malata di Sla ricorre ai giudici
"Ho diritto a non soffrire": ricorso urgente dopo il diniego Asl.
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Ho il diritto di non essere condannata a soffrire”: a parlare è una donna campana di 44 anni ed affetta da sclerosi laterale amiotrofica che dopo avere ricevuto dalla propria azienda sanitaria il diniego al suicidio medicalmente assistito si è rivolta ai giudici.
A rendere nota la sua storia è l’associazione Luca Coscioni che sottolinea trattarsi della “terza richiesta in regione”.
La quarantaquattrenne, che ha scelto di farsi chiamare con un nome di fantasia, Coletta, per garantirsi, al momento, l’anonimato, si definisce “una cittadina consapevole, lucida e determinata” incapace di accettare che la sua volontà “venga schiacciata da valutazioni che sembrano ignorare non solo il mio stato di salute, ma anche il diritto a non essere condannata a una sofferenza che non ha più alcun senso per me. Se in Italia non posso accedere a una scelta legalmente garantita, sto valutando di affrontare l’unica alternativa praticabile: l’espatrio per morire dignitosamente in Svizzera”.
La segretaria nazionale dell’Associazione Luca Coscioni, l’avvocato Filomena Gallo, legale di Coletta, definisce “sconcertante e inumano” il fatto che l’ASL abbia negato la morte assistita a Coletta, “in pieno contrasto le sentenze della Corte costituzionale”. Marco Cappato, tesoriere dell’associazione, ricorda: “In Campania la nostra proposta di legge regionale depositata da oltre un anno non è mai stata discussa dall’aula. Lo scorso marzo, fu lo stesso presidente Vincenzo De Luca a bloccare la legge dichiarando la necessità di aprire un ciclo di consultazioni, a partire dalla Conferenza episcopale. Nessuna consultazione è stato effettivamente organizzata, e la mossa ostruzionistica del Presidente De Luca e della sua maggioranza ha avuto l’effetto di negare tempi e modalità certi di risposta”.
Lo scorso giugno la donna si è opposta al diniego dell’Asl e chiesto una rivalutazione urgente delle sue condizioni e la trasmissione del parere del comitato etico. L’azienda sanitaria – informa una nota dell’associazione – non ha però dato seguito alle richieste, pertanto la donna ha presentato un ricorso d’urgenza al tribunale di Napoli.
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