Dalla dipendenza russa a quella americana. Cambia il padrone, non la strategia
L’Europa firma, paga e ringrazia

La capitolazione dell’unione europea di fronte all’arroganza di Trump conferma l’irrilevanza del vecchio continente.
Ma del resto pure il don Abbondio manzoniano diceva che se il coraggio non ce l’hai non puoi certo dartelo.
Invece di controbattere colpo su colpo, da vera potenza, l’Ue è rimasta ostaggio dei veti incrociati dei singoli stati.
C’è una linea sottile — ma visibile — tra cooperazione strategica e sottomissione economica. L’accordo appena annunciato tra Stati Uniti e Unione Europea sembra oscillare pericolosamente verso la seconda.
Il patto prevede dazi al 15% sui beni europei in ingresso negli USA, esclude l’acciaio e l’alluminio (che resteranno soggetti a tariffe penalizzanti), e soprattutto impone all’Europa l’onere di acquistare gas liquido americano e armamenti made in USA per centinaia di miliardi di dollari. In cambio? Delle promesse.
Donald Trump lo ha definito “l’accordo più grande mai raggiunto”, e forse ha ragione. Lo è per gli Stati Uniti. Incassano investimenti diretti, rafforzano la propria influenza energetica, e soprattutto vendono le loro armi in un continente che da anni cerca, faticosamente, di emanciparsi militarmente da Washington. Il tutto senza dover rinunciare a nulla: né alle barriere commerciali su acciaio e alluminio, né al proprio vantaggio competitivo.
La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha parlato di “stabilità ritrovata”. Ma è una stabilità costruita sull’asimmetria. L’Ue si impegna a sborsare somme colossali in nome del partenariato transatlantico, mentre accetta dazi più alti (15%) rispetto a quelli ottenuti dal Regno Unito (10%), che ha avuto il “vantaggio” di negoziare da solo.
E l’Italia? Avrebbe potuto ottenere di più, con una strategia autonoma? Forse sì, forse no. Ma il punto è un altro: l’Europa, nel suo insieme, non sembra aver giocato la partita con ambizione né con visione. Si è limitata a evitare lo scontro con Washington, ma al prezzo di una sudditanza negoziale che non può più essere ignorata. Un’altra vittoria così e siamo rovinati.
L’argomento che giustifica tutto è sempre lo stesso: la sicurezza. Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, l’Ue ha cercato alternative energetiche e garanzie militari. Ma sta davvero diventando più sicura? O semplicemente sta passando da una dipendenza all’altra?
Il gas russo era economico ma geopoliticamente pericoloso. Il gas americano è sicuro, ma molto più costoso. E se oggi acquistiamo a caro prezzo la protezione degli Stati Uniti, domani quale sarà il costo politico di questa protezione? Quali saranno i margini di autonomia residua?
Nel 2024, al Parlamento europeo si è parlato di “autonomia strategica”. Oggi, nel 2025, firmiamo accordi che vanno nella direzione opposta. L’Europa non decide, subisce. E nel farlo, perde la sua voce autonoma nello scacchiere globale.
Questo accordo, più che una vittoria diplomatica, somiglia a una resa silenziosa.
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