Aggressioni nei reparti psichiatrici e mancato intervento delle Forze dell’Ordine
Il 10 luglio scorso, presso il Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC) dell’Ospedale Amedeo di Savoia di Torino, si è verificato l’ennesimo episodio di violenza ai danni del personale sanitario.
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La dottoressa psichiatra di guardia si è trovata a fronteggiare un paziente in stato di grave agitazione psicomotoria, con atteggiamenti apertamente aggressivi sia verbali che fisici. Di fronte all’evidente rischio per l’incolumità propria, degli altri operatori e dei degenti, è stato richiesto l’intervento della vigilanza interna che, rilevato l’evidente pericolo, ha a sua volta attivato le Forze dell’Ordine.
All’arrivo degli agenti, tuttavia, è emerso un dato sconcertante: la polizia si è rifiutata di accedere al reparto ed è stato dichiarato che i pazienti ricoverati in Spdc, in quanto affetti da disagio psichico, anche se aggressivi, devono essere gestiti dal personale sanitario.
Solo dopo una lunga trattativa e grazie all’azione terapeutica del personale sanitario, il paziente ha interrotto il comportamento violento.
Per questa volta non c’è scappato né il morto né il ferito. Aspettiamo la prossima?
Ancora una volta ci siamo trovati in una situazione di estrema vulnerabilità senza alcuna protezione, nonostante il rischio evidente per la nostra incolumità. E mentre si istituiscono tavoli di lavoro e si promettono protocolli d’intesa, ad ogni turno i medici rischiano di diventare pazienti con politrauma.
Negli ultimi anni, la natura dei pazienti ricoverati in psichiatria è mutata. Accogliamo sempre più frequentemente soggetti sottoposti a misure di sicurezza in attesa di collocamento in REMS, pazienti con alterazioni da massiccio abuso di sostanze che, anche in fase di astinenza, sviluppano comportamenti altamente aggressivi e imprevedibili.
In questo contesto, se una dottoressa o un infermiere si trovano in pericolo reale e concreto, chi li protegge?
Affermare che l’intervento della polizia non sia previsto all’interno di un reparto psichiatrico equivale, nei fatti, a una forma di abbandono istituzionale. E ciò, in casi come questo, rischia di configurarsi come una vera e propria omissione di soccorso. In nessun altro contesto lavorativo si chiederebbe a un professionista di affrontare da solo una persona aggressiva e pericolosa, con il solo ausilio della parola e dei farmaci. Nessun altro lavoratore sarebbe lasciato a gestire un’aggressione senza possibilità concreta di chiamare aiuto.
È necessario ribadire con forza che il personale sanitario non è forza dell’ordine. Non possiamo trasformare i reparti psichiatrici in gabbie chiuse dove operatori e pazienti sono lasciati a sé stessi, senza tutela, senza garanzie, senza sicurezza.
Non possiamo aspettare che ci scappi il morto. I precedenti, in Italia e altrove, purtroppo non mancano. La cronaca ci racconta storie di pazienti aggrediti da altri degenti e di operatori colpiti durante il servizio. Di fronte a questa realtà, non bastano più tavoli di lavoro o promesse protocollari.
Oggi siamo al limite. Nessuno vorrà più lavorare nei reparti psichiatrici se la percezione sarà quella dell’abbandono. La sicurezza sul lavoro non è un privilegio, è un diritto.
Con questa lettera aperta chiediamo un Vostro autorevole intervento, perché le Forze dell’Ordine siano formalmente tenute a intervenire anche nei reparti psichiatrici, quando vi siano condizioni di pericolo per l’incolumità del personale o di altri pazienti.
Chiara Rivetti
Segretaria Regionale Anaao Assomed Piemonte
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