NEL CONSIGLIO NAZIONALE DEI COMMERCIALISTI MANCA IL CONFRONTO
La categoria è di tutti, non di chi si autocelebra su un palco monocromatico.
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Gli Stati Generali dei Commercialisti del 10 giugno si confermano una vetrina costruita su misura per il presidente del Consiglio Nazionale, senza alcun reale spazio per la pluralità, il dibattito o il contributo dei tanti che ogni giorno tengono in piedi la professione.
Il programma degli Stati Generali della professione è chiaro: niente inclusione, niente pluralismo. Solo un monologo autoreferenziale, costruito per celebrare sé stessi. Tra i relatori, nessuna collega, nessuna consigliera coinvolta, nessuna voce femminile.
E per rimediare? Un videomessaggio della Presidente del Consiglio e la chiamata, all’ultimo momento, di alcune esponenti politiche per i saluti istituzionali. Donne che meritano profondo rispetto, ma che vengono chiamate a coprire un’assenza che resta: quella del coinvolgimento reale, strutturale, vero della categoria.
Quindi il panel dei lavori è rimasto invariato. Il classico caso in cui il rimedio è peggiore del male: così facendo, il nostro Consiglio Nazionale trasmette un messaggio chiaro: agli uomini il compito di affrontare i temi “seri”, alle donne quello di rimediare, con la loro presenza, a un’impostazione che le ha escluse fin dall’inizio.
È un vecchio trucco da comunicatori navigati: usare un simbolo per sviare dal merito.
La verità è semplice: la questione di genere non è stata sfiorata, è stata proprio ignorata. Nessuna rappresentanza delle tante donne che ogni giorno portano avanti la professione nei territori.
Nessuna traccia di quella “cultura dell’equità” evocata a ogni convegno, ma mai praticata.
Nel 2025, all’interno di un evento che pretende di parlare di futuro, questo non è solo un errore: è un segnale. E ANC lo legge chiaramente: c’è chi intende fermare, o ignorare, il cammino verso la parità di genere.
La stessa logica la ritroviamo nella bozza di riforma del D.Lgs. 139/2005, dove l’obbligo di rappresentanza femminile nelle liste elettorali scende da due quinti a un terzo. Un arretramento netto, una cancellazione silenziosa di anni di progresso.
E mentre il disagio cresce, qualcuno tenta la carta del “programma provvisorio”. A pochi giorni dall’evento, una spiegazione che regge quanto un castello di carte sotto il vento.
Il punto però è un altro, ed è evidente: sul palco ci sarà un solo volto, sempre lo stesso. Ogni tavola rotonda, ogni intervento, ogni spazio è costruito attorno a lui.
Niente confronto, niente collegialità.
Nessuna presenza richiesta e nessuno spazio d’intervento concesso alle Casse di Previdenza, alle Associazioni Sindacali, alle Fondazioni, agli Ordini Territoriali, agli Iscritti.
Solo un’unica voce, amplificata senza contraddittorio. Un modello chiuso, verticistico, autoreferenziale che si ripete identico a se stesso, mentre si continua a parlare, con sorprendente disinvoltura, di riforma dell’art. 25 del D.Lgs. 139/2005.
Questo non è un momento per la categoria. È uno spettacolo sulla categoria, messo in scena da chi ne ha preso possesso.
Chi oggi pone queste domande lo fa per rispetto verso la professione, non per visibilità. E chi risponde con sarcasmo o frasi fatte, invece che con contenuti, dimostra solo di non voler rispondere. E forse nemmeno di poterlo fare.
ANC continuerà a battersi per una professione costruita dal basso, fondata sulla partecipazione reale, sulla trasparenza dei processi e sull’ascolto delle voci critiche. Perché senza confronto, non c’è futuro.
Marco Cuchel Presidente Anc
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