I mercati crollano al risveglio nel nuovo mondo dei dazi universali
In Asia il boato prima del terremoto finanziario: indici di riferimento in calo di oltre il 3% in Giappone e di quasi il 2% a Hong Kong e in Corea del Sud. Oltre il -3& anche i futures S&P 500. Oro alle stelle, affonda anche il petrolio.
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È passata la notte (italiana), e hanno cominciato a parlare i mercati. Un tremore diffuso all’apertura delle principali Borse mondiali, come il boato del terremoto a venire. I dazi sono ormai sul tavolo, c’è solo da capire quanto le contrattazioni mondiali assorbiranno il colpo. Tanto per cominciare i futures S&P 500, che consentono agli investitori di negoziare l’indice al di fuori del normale orario di negoziazione, hanno immediatamente perso il 3,3% del valore. E così i mercati asiatici, con gli indici di riferimento in calo di oltre il 3% in Giappone e di quasi il 2% a Hong Kong e in Corea del Sud.
Il settore tecnologico è il più colpito, i dazi sono una freccia nel suo centro nevralgico: la produzione in Cina e Taiwan, dove i dazi porteranno la nuova imposta totale a un allarmante 54% sulle importazioni, “il livello più alto in oltre un secolo”, dice alla Reuters Ben Wiltshire, analista del trading sui tassi globali di Citi.
Nelle contrattazioni after-hours si sono volatilizzati circa 760 miliardi di dollari di valore di mercato dei Magnificent Seven, i leader tecnologici. Le azioni Apple sono scese di quasi il 7%. Se, come detto, i futures sull’S&P 500 sono scesi del 3,3%, i futures sul FTSE sono scesi dell’1,8%, mentre quelli europei di quasi il 2%.
L’oro ha raggiunto un massimo storico di 3.160 dollari l’oncia, mentre il petrolio, indicatore della crescita globale, è crollato di oltre il 3%, portando i future sul Brent di riferimento a 72,56 dollari al barile.
Nelle prime contrattazioni a Tokyo, il Nikkei è sceso del 3,9%, al minimo degli ultimi otto mesi. I rendimenti dei titoli del Tesoro a 10 anni sono crollati di 14 punti base, attestandosi al minimo degli ultimi cinque mesi. Il Kospi della Corea del Sud è sceso del 2%. L’ETF vietnamita di Van Eck è sceso di oltre l’8% nelle contrattazioni after-hours. Le azioni australiane sono scese del 2%. I mercati di Taiwan sono rimasti chiusi per festività.
All’apertura dei mercati europei il trend è lo stesso: l’indice paneuropeo Stoxx 600 è sceso dell’1,5% all’inizio delle contrattazioni, raggiungendo il livello più basso degli ultimi due mesi. L’indice tedesco DAX è sceso di quasi il 2,5% all’inizio della seduta a Francoforte, mentre a Parigi il CAC 40 è sceso del 2,2% e l’ IBEX spagnolo ha perso l’1,5%. A Londra l’indice FTSE 100 delle azioni blue chip è crollato di quasi l’1,5% all’inizio delle contrattazioni, in calo di 125 punti, attestandosi a 8.481 punti. Tra i maggiori cali figurano le società minerarie come Anglo American (-4,7%) e Antofagasta (-4,6%), insieme a banche come Barclays (-4,1%) e HSBC (-3,5%).
Sebbene ampiamente annunciata (ma non nella sua sostanza) la mossa di Trump ha evidentemente sorpreso l’economia, e gli analisti stanno ancora cercando di raccapezzarsi nelle tabelle del Presidente americano, cercando di capire come siano state ricavate quelle cifre, su che basi.
“Penso che i numeri siano incredibilmente alti rispetto a quanto la gente si aspettasse e per molti versi è inspiegabile”, ha affermato Peter Tchir, responsabile della strategia macro della Academy Securities, al New York Times: “Penso che sia un disastro”.
“Trump sta andando in guerra con tutti”, ha detto Andrew Brenner, responsabile del reddito fisso internazionale presso National Alliance Securities: “È ridicolo. Non mostra alcuna comprensione di ciò che sta facendo agli altri paesi. E danneggerà gli Stati Uniti”.
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