Anno: XXV - Numero 73    
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Quella voglia (non troppo) nascosta del Pd di chiedere le dimissioni di Bonafede

Molti al Nazareno non ne possono più del ministro della Giustizia. E Zingaretti dopo i risultati di ieri avverte: adesso si ridiscute tutto.

Quella voglia (non troppo) nascosta del Pd di chiedere le dimissioni di Bonafede

Il test delle urne emiliano-romagnole di ieri ha rafforzato il Pd. Zingaretti ha già avvertito i 5 stelle: adesso si rivaluta l’alleanza. Ad aspettare il governo dopo le regionali ci sarà ancora la grana della riforma Bonafede sullo stop alla prescrizione, che il partito di Nicola Zingaretti, contrarissimo quando era all’opposizione, ora che è nella maggioranza è intenzionato a mitigare. Rimediando a una legge che – dicono – «abbiamo ereditato dai gialloverdi». Ma se ufficialmente la strada scelta è quella della trattativa con i grillini, nelle retrovie c’è chi tra i Dem appoggia invece la protesta dei avvocati dell’Unione delle camere penali, che il 28 gennaio si ritroveranno davanti a Montecitorio, chiedendo ancora una volta l’abrogazione della riforma entrata in vigore a inizio anno. Al Nazareno nessuno per il momento intende esporsi. La tattica è quella di mandare avanti gli avvocati penalisti, con qualcuno tra gli avvocati del Pd che nelle ultime ore ha persino «auspicato» che dalla piazza arrivi la richiesta di dimissioni del ministro della Giustizia. Una richiesta che dall’Ucpi non è ancora formalmente arrivata, in attesa che il Pd insista sulla proposta di ritornare alla vecchia legge Orlando. Intanto, mentre Bonafede martedì 28 sarà impegnato a presentare la relazione sulla giustizia al Parlamento, non è escluso che qualcuno del Pd potrebbe farsi vedere in piazza con i penalisti. Ma «solo a titolo personale e non per conto del partito», precisano quelli che sperano di sedersi di nuovo al tavolo delle trattative per arrivare a «una riforma della riforma Bonafede». Certo è che molti al Nazareno non ne possono più delle uscite di Bonafede (l’ultima, quella sugli «innocenti che non finiscono in carcere») e della “bandierina” grillina messa sullo stop alla prescrizione. In primis Andrea Orlando, arrivato ormai ai minimi termini con il Guardasigilli, raccontano in tanti. «Il metodo dell’ostinazione e del ricatto politico praticato dal ministro Bonafede», ha scritto senza mezzi termini Cristina Michetelli, avvocato, membro della direzione nazionale del Pd, «sta diventando davvero insostenibile. Non è ammissibile che tutto il nostro lavoro politico e tecnico e anche la competenza del Partito democratico, pure in punto di Giustizia, venga mortificata continuamente da un Ministro che ne sa davvero poco di questa materia e il cui interesse è solo quello di mettere bandierine narcisistiche e di propaganda, piuttosto che risolvere davvero i problemi della Giustizia». Bonafede, aggiunge Michetelli, «sta ormai diventando un problema per Avvocati, Magistrati e per tutta la maggioranza di governo», costretta a «compromessi al ribasso» sulla giustizia. D’altronde, nei giorni della formazione della nuova maggioranza del governo Conte 2, la condizione minima che il Pd aveva posto ai Cinquestelle era che saltasse la testa di Alfonso Bonafede in via Arenula con tutta la sua riforma. I grillini si opposero, e con Renzi che all’improvviso aprì alla alleanza giallorossa, alla fine si accettò pure di imbarcare quello stop alla prescrizione votato da Lega e Cinque Stelle, ma non dal Pd. I penalisti, intanto, preparano il microfono aperto “Imputato per sempre? No, grazie”, ai piedi dell’obelisco di piazza Montecitorio. E fanno sapere di aver avviato incontri con tutte le forze politiche, compresa la Lega che – dopo aver votato la riforma – ora aizza gli avvocati contro il governo, e ricevendo l’appoggio, oltre che da Italia Viva, anche da una fetta del Pd, che però fatica a uscire fuori dall’angolo. A dicembre, nell’ultima manifestazione dell’Ucpi, presero la parola anche i deputati del Pd Walter Verini e Alfredo Bazoli, entrambi membri della Commissione Giustizia della Camera, che espressero la contrarietà del partito a una riforma che definirono «pericolosa». Poi, prima di Capodanno, i responsabili Giustizia al Nazareno presentarono la proposta di legge del partito, che prevede la sospensione dei tempi della prescrizione di due anni per l’appello e di un anno dopo la Cassazione. Ma non con l’obiettivo di sfidare gli alleati di governo – giammai – quanto di non mostrarsi “complici” dell’entrata in vigore della legge, per far partire una discussione nella maggioranza. «Il Pd sulla prescrizione ha solo alzato bandiera bianca, non ha avuto la forza di sfidare il ministro», è la critica arrivata subito dal presidente dell’Unione delle Camere Penali Gian Domenico Caiazza. E in effetti la mediazione nel governo si è ingolfata. L’ennesimo vertice di maggioranza a Palazzo Chigi, quello del 21 gennaio, si è chiuso senza accordo sul cosiddetto nuovo “lodo Conte”, che reintroduce la prescrizione solo per le sentenze di assoluzione. D’accordo il Pd, bocciato invece da Matteo Renzi che ha bollato come «incostituzionale» la proposta del premier. «Abbiamo deciso, pur essendo contrari alla riforma Bonafede e avendo idee ben lontane da quelle che ha espresso il ministro, di stare dentro il percorso di riforma che è stato avviato. Dobbiamo cercare di capire come gestirla per evitare che la legge produca effetti negativi», spiega Alfredo Bazoli del Pd. «Cercheremo di fare in modo che tra la modifica della riforma di Bonafede, attraverso il lodo Conte, e una riforma del processo penale, si arrivi a un assetto soddisfacente sulla materia». La proposta di legge del Pd, intanto, resta però nel cassetto. Sul testo anche i penalisti si sono detti d’accordo. Ma portarlo in aula significherebbe accettare i voti del centrodestra dall’opposizione e sfiduciare il ministro. Cosa che significherebbe far saltare il banco del governo. «Se non si raggiungono risultati con il tentativo di mediazione, la nostra proposta potrebbe tornare attuale e potremmo pensare di rimetterla in pista andando in aula», dice Bazoli come extrema ratio. Ma i tempi sono lunghi. E intanto l’opposizione si è mossa agile con la proposta di legge Costa, che approderà in aula proprio il 27 gennaio. Una proposta simile a quella del Pd, che abolisce lo stop alla prescrizione di Bonafede, fatta per spaccare la maggioranza. Cosa, per altro, già riuscita. Visto che alla commissione Giustizia della Camera Italia Viva ha già votato con Forza Italia, Fdi e Lega contro la soppressione della pdl, che è passata con 23 voti a 22, mettendo in minoranza il governo. Il Pd aveva deciso di non votarla per non prestarsi ai giochi dell’opposizione. Ma prima o poi qualcuno al Nazareno dovrà uscire dalle retrovie e piantare la sua bandierina, prima di esser costretti a votare contro quella che altro non è che il fac-simile del proprio testo di legge.

Fonte. L’Inchiesta

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