Certi magistrati vorrebbero noi avvocati muti sulla separazione delle carriere
La denuncia di Paolo Nesta, presidente dell’Ordine forense di Roma: «All’inaugurazione nella nostra Corte d’appello ci siamo sentiti liquidare come meri portatori di interessi privati...».

Nel dibattito sulla separazione delle carriere, o per meglio dire nello scontro ormai in corso sulla riforma, una parte della magistratura considera il mondo forense come una sorta di ospite indesiderato, un interlocutore che in realtà non dovrebbe avere voce, un po’ come per il cosiddetto “diritto di tribuna” nei Consigli giudiziari.
Si può intuire come in realtà fra le conseguenze sgradite, all’associazionismo giudiziario, del “divorzio” fra giudici e pm, la più immediata consista proprio nella definitiva equiparazione di difesa e accusa davanti al giudice terzo. L’ostilità verso l’avvocatura ha dunque il sapore del riflesso competitivo. Ma ci sono state occasioni recenti in cui questo atteggiamento, fra i magistrati, ha assunto un carattere particolarmente antipatico.
A denunciarlo è l’Ordine degli avvocati di Roma, che ha diffuso una nota in cui lamenta il tono rilevato, all’inaugurazione dell’anno giudiziario presso la Corte d’appello capitolina, nei confronti della professione forense: «Abbiamo sentito autorevoli esponenti della magistratura dire che gli avvocati sono portatori di interessi privati e dunque non dovrebbero avere voce in capitolo nel dibattito sulla riforma», fa notare il presidente del Coa di Roma Paolo Nesta. «La voce dell’avvocatura è stata completamente nascosta, oscurata, quasi che il dibattito sulla riforma della giustizia sia un dialogo a due fra magistratura e politica». Una situazione «intollerabile» secondo Nesta, in cui emerge «la totale ignoranza dei principi costituzionali del processo accusatorio che richiede un giudice terzo e imparziale rispetto al pubblico ministero e al difensore. Sono nozioni da primo anno di giurisprudenza, eppure vengono dimenticate».
Nel comunicato, il presidente dell’Ordine forense capitolino tiene a rammentare che «la nostra Carta fondamentale, all’articolo 111, comma 2, prevede la parità tra accusa e difesa, eppure quando si parla di riforme, di separazione delle carriere tra giudici e pm, la voce degli avvocati non viene minimamente ascoltata». Nesta parla di «situazione drammatica per la giustizia», con il «processo telematico» che nel settore penale «arranca» e che nel civile vede «la durata media effettiva dei procedimenti a Roma passare, in tribunale, dai 433 giorni del 2022 ai 460 giorni del 2023. Davanti a questi brillanti risultati, forse è il caso di ascoltare anche i suggerimenti degli avvocati. Che, lo ricordiamo a certi giudici, non sono portatori di interessi privati, ma di un interesse superiore: la difesa del giusto processo nell’interesse dei cittadini e per la tutela dello Stato di diritto».
Da Il Dubbio
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