Rimodulazione del superbonus: perché le banche già oggi sono di nuovo interessate al prodotto
La proposta lanciata dall’Ance, l'associazione nazionale dei costruttori edili, per la rimodulazione del superbonus (in vista delle modifiche degli sconti fiscali che il Governo sta elaborando) è senz’altro ben equilibrata e concretizzabile, ma presenta anche alcune possibili criticità che è bene sottolineare.
Sicuramente alla base c’è l’esigenza di riqualificazione ed efficientamento energetico degli edifici, sulla spinta della direttiva della Commissione europea. Il problema è che finora i costi si sono rivelati molto elevati, con la conseguente difficoltà di raggiungere la maggioranza di voti favorevoli dei condòmini, necessaria per avviare i lavori.
L’Ance propone allora di modulare le aliquote su due livelli di sconto, con lo scopo di facilitare il consenso ai lavori: il 70% per tutti e il 100% solo per gli incapienti, cioè i soggetti con reddito non superiore a 15 mila euro (calcolato in base al quoziente familiare). Questa proposta di compartecipazione alle spese tra pubblico e privato è sensata e vantaggiosa sia per i cittadini che per le finanze pubbliche: i condòmini, che possono detrarre i costi dalla loro dichiarazione dei redditi, sono incentivati a valutare attentamente i preventivi e la qualità del servizio, evitando sprechi e prezzi gonfiati, e lo Stato può rispettare gli obiettivi fissati dall’Europa senza che i costi gravino unicamente sulle casse pubbliche.
Tuttavia questo meccanismo di differenziazione degli sgravi può portare a criticità in caso di cessione dei crediti, in quanto complica notevolmente il lavoro di due diligence delle banche interessate ad acquistare i crediti edilizi.
Questa complicazione per gli istituti di credito si aggrava ancora di più considerando un altro aspetto della proposta dell’Ance: rispetto allo sconto fiscale del 70% resta un 30% non agevolato e l’Ance propone come strumento finanziario a sostegno di questo tassello i mutui “verdi”. Questa tipologia di mutui è garantita dallo Stato, ed è protetta da un fondo apposito che potrebbe consentire tassi più bassi dei livelli di mercato. E’ importante sottolineare che i condomini, per lavori di questo tipo, sono solidalmente responsabili, per le banche risulterà quindi più complicato, al momento dell’erogazione del finanziamento, valutare con esattezza il numero di soggetti che rischiano di non riuscire a ripagare il debito, ed il merito di credito dei singoli condomini.
Un’altra complicazione per gli istituti di credito risiede nella proposta dell’Ance di attribuire a questa agevolazione una vigenza di lungo periodo (10/15 anni) a partire dal 1° gennaio 2024, con la possibilità per i contribuenti di scegliere il periodo di fruizione della detrazione (in 5, 10 o 20 anni). Se infatti l’Associazione punta a evitare “l’effetto imbuto” che ha caratterizzato spesso il superbonus, questa lunga durata risulta svantaggiosa per le banche, le quali, in caso di acquisto dei crediti, preferiscono sempre vigenze e frazionamenti più brevi (per esempio 5 anni).
In sostanza, la proposta dell’Ance è certamente vantaggiosa per i condòmini (che hanno la possibilità di vedere incrementare il valore della propria unità immobiliare usufruendo anche di agevolazioni fiscali) e per le finanze pubbliche (grazie alla compartecipazione con i privati), ma non ancora per gli istituti di credito. Le banche, infatti, guardano con maggior interesse a prodotti semplici e gestibili in maniera standardizzata: in questo caso, crediti edilizi con percentuale fissa, di breve durata e facilmente verificabili tramite due diligence.
Siamo convinti che ad oggi, data l’esigenza di rilanciare l’economia del nostro Paese con il coinvolgimento diretto degli investimenti delle famiglie, anche il sistema di cessione dei crediti potrà conoscere un rinnovato favore legislativo nei prossimi mesi: già oggi le banche guardano con più attenzione al prodotto e hanno ricominciato ad acquistare bonus edilizi con maggiore continuità.
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