"Nessuno ci ha chiesto scusa". 31 anni dopo Capaci, parla Rosaria Costa Schifani
L'Agi a colloquio con la vedova di Vito Schifani, saltato in aria quel 23 maggio insieme ai giudici Giovanni Falcone e Francesca Morvillo e ai colleghi della scorta Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. La sua testimonianza raccolta in un libro e in una docuserie: "Dietro le stragi non ci fu solo la mafia"
“So con certezza che ci sono state delle persone che hanno iniziato a collaborare con la giustizia dopo la strage di Capaci. Pino Marchese è uno di questi: raccontano che si chiuse in bagno e pianse, dopo aver visto i funerali. Qualcosa, quel 23 maggio, e il 25, con i funerali, è stato seminato”.
Rosaria Costa si siede su un gradino della Stazione Termini: è il pomeriggio del 22 maggio, su Roma piove uno strano inverno. Trentuno anni fa, oggi, suo marito Vito Schifani saltava in aria sul ponte di Capaci, tra l’aeroporto di Punta Raisi e Palermo, insieme ai giudici Giovanni Falcone e Francesca Morvillo, e ai colleghi della scorta Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
Due giorni dopo, immensa ventiduenne persa in un tailleur grigio più grande di lei, Rosaria, madre di un neonato che mai conoscerà suo padre se non in fotografia, ebbe la forza rivoluzionaria di parlare di perdono dall’altare della chiesa di San Domenico di Palermo, dove si celebravano i Funerali di Stato – “lo Stato, lo Stato”, ripeteva lei scorata, scuotendo i ricci – di quel ragazzo che aveva sposato, dei suoi colleghi, e dell’uomo che difendevano. “Io vi perdono – piangeva – però vi dovete mettere in ginocchio”.
Rosaria Costa, quel giorno, è diventata seme. Oggi, trentuno anni dopo, la sua testimonianza è raccontata in un libro, “La mafia non deve fermarvi”, appena pubblicato da Rizzoli, e da un progetto Rai curato da Giorgia Furlan e Alessia Arcolaci per 42° Parallelo in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, “I ragazzi delle scorte”, una docu-serie che torna il 25 maggio in prima serata su Rai 3, dopo il primo episodio uscito a dicembre.
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