Con le parole di ieri Conte ha messo fine ai 5 Stelle
Nelle parole di Conte non c’è nulla ma proprio nulla che ricordi il mito fondativo del partito di Grillo.
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Non c’è il pathos, non c’è il linguaggio, non c’è l’aggressività, non c’è lo sberleffo, non c’è la folle utopia (qualcuno si ricorda il pianeta Gaia?), non c’è l’antilingua (il Vaffa, gli zombie, gli psiconani), non c’è il carisma violento, virtuale e allo stesso tempo terrigno di Grillo.
C’è la politica istituzionale, c’è un leader molto rispettabile che è immerso nel sistema fino al collo, che propone uno statuto al non-statuto, scuole di formazione all’uno-vale-uno del cittadino qualunque, il dialogo con la società civile al posto della Rete come metodo di lavoro. Quando poi si arriva ai “forum tematici” … capiamo che lì la fine del Movimento spacca-tutto è proprio vera.
E si capisce in modo plastico che tra il comico e il prof non può esserci diarchia, ma nemmeno civile convivenza. È il classico caso degli opposti che non si attraggono; da un lato il guru che si è inventato una creatura politica nel giro di pochi anni, a colpi di teatro e di canotto, urlando lo schifo nei confronti del sistema, capace di raggiungere il 32% dei consensi, dall’altro un cultore del diritto amministrativo, che ha fatto molto bene alla guida del paese nella fase più emergenziale della pandemia, che studia, legge, negozia, riesce a muoversi tra Salvini e Speranza e che si proietta con onestà verso un partito tradizionale dall’impianto moderato. Mentre uno attraversa a nuoto (o quasi) lo stretto di Messina, l’altro passa il tempo a studiare gli statuti dei partiti sia italiani che stranieri. Mentre uno voleva fare “una rivoluzione culturale di fronte a un paese in liquefazione”, l’altro sostiene di voler parlare con i moderati.
Le incompatibilità sono dunque tante, ma forse quella più importante ha a che vedere con il posizionamento politico che intravvediamo. Se la post-ideologia grillina prevedeva di andare oltre la destra e la sinistra, con l’unico obiettivo di portare il popolo puro a sostituire i politici corrotti nell’ambito di una cittadinocrazia incontaminata e senza colori, la proposta di Conte si situa saldamente al centro dello spazio politico seppure con lo sguardo rivolto a sinistra, alle diseguaglianze sociali, alla transizione ecologica e alla sostenibilità equa.
Per il Partito democratico questa è una buona notizia; Conte vuole stare nel campo progressista, e conferma di vedere con favore l’alleanza progressista contro i partiti della destra radicale. Anche se, una eventuale lista o partito guidato da Conte avrà inevitabilmente molte aree di sovrapposizione con gli eletti e gli elettori democratici, con il rischio di cannibalizzazione reciproca.
Vedremo cosa risponderà Beppe Grillo; se rimarrà intrappolato nell’Opa lanciata da Conte, leader ieri tra i più popolari, e finirà per rassegnarsi e cedere in toto la leadership del M5S o se la respingerà. E vedremo anche se l’ex Primo Ministro avrà la forza, come pare di capire, di intraprendere un cammino alternativo.
Sta di fatto che ci ricorderemo a lungo della conferenza stampa di ieri; quella in cui Conte ha messo definitivamente la parola fine al Movimento 5 Stelle.
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