Vaccini antinfluenzali e ruolo del farmacista: nodi da sciogliere tra competenze e norme
Sui vaccini in farmacia chiusura dai medici. Per i farmacisti è alternativa da valutare
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Se è impensabile che i medici di famiglia riescano a dispensare in un mese 18 milioni di vaccini per l’influenza, l’alternativa non può essere rappresentata dai farmacisti, che non possono somministrarli. A dirlo, in una nota pubblicata sul sito, Silvestro Scotti, segretario generale del principale sindacato della medicina generale, Fimmg, che, rispondendo alla proposta rilanciata da Andrea Mandelli, presidente Fofi, per un ruolo della farmacia, rivendica la vaccinazione come atto medico non delegabile. Sul tema, a ogni modo, è aperto il dibattito anche all’interno della categoria e sembrano molti i nodi da sciogliere.
Complice il Covid, la domanda di vaccini antinfluenzali – un tassello ritenuto utile per sostenere la diagnosi differenziale – è destinata a crescere rispetto alla precedente stagione, tanto che sono circa 18 milioni le dosi che il Servizio sanitario nazionale sta programmando di somministrare alle categorie più a rischio, contro i 10 milioni di vaccinazioni effettuate l’anno scorso. Ma a complicare la situazione c’è il fattore tempo: già da prima dell’estate i medici di medicina generale hanno lanciato l’allarme sulla gestione dei vaccini negli studi, in particolare alla luce delle norme sul distanziamento sociale, che non permettono presenze e numeri giornalieri dell’anno scorso. La richiesta, avanzata già da giugno, era stata quindi quella di anticipare il più possibile la partenza della campagna, ma, come aveva sottolineato l’altro ieri Scotti nelle Agenzie, ci troviamo in una situazione in cui le Regioni sono partite in ordine sparso con le ordinazioni ed è probabile che si «avranno concretamente a disposizione i vaccini difficilmente prima della terza settimana di ottobre», a seconda dei territori. Per altro, «nella stagione scorsa, su 10 milioni di vaccinazioni, 6-7mila sono state fatte dai medici di famiglia» e se un medico durante una sessione invernale in condizioni normali può eseguire fino a 350/400 vaccinazioni (fonte dati Simg), oggi non si potrà più fare.
Uno scenario che preoccupa non poco e che ha fatto tornare in auge la proposta della Fofi – contenuta anche in un ordine del giorno approvato dal Governo a fine maggio – della vaccinazione in farmacia. In particolare, da parte della Fofi le proposte avanzate riguardano tanto la possibilità per i farmacisti di vaccinare, quanto la presenza di altre professionalità, quali per esempio infermieri, in farmacia. «I medici non ce la fanno a vaccinare? I farmacisti però non possono farlo» è la risposta di Scotti. «Questo perché l’anamnesi vaccinale, necessaria prima di fare materialmente il vaccino, è un atto medico e non può essere delegato ad altri. Oggi si potrebbe vaccinare solo con un medico», anche se la normativa, al momento, non ne permetterebbe la presenza nel presidio, «ma se ci fossero medici disponibili si dovrebbero rafforzare le unità di territorio. Le farmacie sono utili in molte cose in una campagna vaccinale, ma non in questa». Per altro, aggiunge, «quello della vaccinazione in farmacia è un falso messaggio», ventilando «una alternativa che non può essere attuata, perché la funzione non è ascrivibile, in questo momento, alla categoria dei farmacisti». A ostare, per i medici, ci sono in modo particolare la normativa e le diverse competenze. Il dibattito, a ogni modo, è aperto anche all’interno della categoria stessa tra chi è favorevole e chi è contrario, come emerge dai social. In particolare, se da un lato viene messo in luce che la farmacia dei servizi apre di fatto le porte a nuove competenze e professionalità del farmacista, anche per stare al passo con i tempi e le necessità del servizio sanitario nazionali, le perplessità riguardano invece la questione della responsabilità del farmacista, ma anche dubbi sulla tempistica, sui modelli organizzativi e sulle possibilità di remunerazione da parte pubblica.
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