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L’udienza dal vivo è un diritto che non può essere negato

Processo da remoto, amministrativisti e tributaristi a confronto. Masi (Cnf): «I principi del giusto processo caratteristiche ontologiche degli avvocati»

L’udienza dal vivo è un diritto che non può essere negato

«La discussione è un diritto che non può essere negato a nessuno». Si può riassumere così il lungo convegno in videoconferenza organizzato dalla Camera degli avvocati tributaristi e l’associazione veneta degli avvocati amministrativisti, con il patrocinio dell’Uncat, dal titolo “Processo amministrativo e tributario: la funzione dell’udienza. Importanza e modalità della discussione”. Un dibattito, moderato da Errico Novi, giornalista del Dubbio, ricco di interventi, al quale hanno preso parte, tra gli altri, il presidente facente funzioni del Consiglio nazionale forense, Maria Masi, il presidente di sezione del Consiglio di Stato Rosanna De Nictolis, il presidente della Commissione tributaria regionale del Veneto, ex consigliere in Cassazione, Massimo Scuffi, e la vicepresidente dell’Unione nazionale avvocati amministrativisti Daniela Anselmi. Dalla discussione è emersa la necessità di preservare la giurisdizione e il diritto di difesa, un sentire comune dell’avvocatura, ha sottolineato Masi, a prescindere dalla specificità dei riti e delle giurisdizioni. Il tratto comune, ha spiegato, «è quella della vocazione e attuazione dei principi propri del giusto processo, che sono invocabili e attuabili in tutti i procedimenti». Principi ai quali non si può rinunciare, perché sono quelli che caratterizzano «in maniera ontologica» la difesa, che è l’unica, se necessario, a poter derogare agli stessi. La specificità dei riti esige, ovviamente, cautele particolari. Ma quel sentire comune, ha sottolineato Masi, il Cnf lo ha fatto proprio, anche adottando una delibera per andare incontro all’esigenza prospettata dagli amministrativisti di garantire la presenza degli avvocati in udienza, almeno da remoto. Uno strumento – quello del processo online – che sta alimentando molteplici discussioni, nella cui ottica il Cnf ha condiviso linee guida utili per rispettare la specificità di ogni rito, con protocolli omogenei per tutto il territorio. Le modifiche al Cura Italia, ha sottolineato De Nictolis, non prevedono, così come prospettato inizialmente, l’istanza congiunta per la discussione orale, che creerebbe grossi dubbi di legittimità, dal momento che una sola parte potrebbe porre il veto per tutti. Qualunque parte, dunque, potrà chiedere la discussione orale. Ma ciò che va considerato, ha sottolineato De Nictolis, è il limite tecnologico e l’assenza, al momento, di regole tecnico-giuridiche per l’udienza da remoto. «Dal primo giorno in cui è stata prevista la possibilità di udienza telematica, la giustizia amministrativa si è messa al lavoro per sperimentarla – ha spiegato -. Ma l’udienza ha le sue forme, che sono sostanza, perché la loro inosservanza ne determina la nullità. Quindi, dopo i primi entusiasmi, ci si è resi conto che c’era un problema di tenuta della rete, un problema di privacy e un problema di rischio di intrusioni». Occorreranno, dunque, delle regole tecniche, uniche e ben precise, ad esempio per l’identificazione degli avvocati e per garantire riservatezza, ma anche per risolvere il limite, per le parti, di visualizzazione degli utenti. Ma sarà anche necessario moderare i tempi di discussione, limitarli, con una funzione di “arbitro” affidata al presidente, che dovrà distribuire i minuti a disposizione. Un limite, ha sottolineato De Nictolis, «che deriva dallo strumento».

Fonte. Il Dubbio

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