REFERENDUM, SI ALLARGA IL FRONTE DEL SÌ.
Mobilitato il centrodestra, che ha già depositato la lettera di intenti dei capigruppo di Camera e SenatoE Renzi lascia libertà di coscienza a Iv.
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È un fronte politicamente trasversale quello che si sta formando a sostegno del Sì al referendum sulla giustizia. Mobilitato il centrodestra, che ha già depositato la lettera di intenti dei capigruppo di Camera e Senato e che conta di chiudere domani la raccolta firme di un quinto dei parlamentari, necessario a sostenere la consultazione popolare. E se il leader di Forza Italia Tajani avverte: “Siamo pronti”, è quello di Noi Moderati Lupi ad annunciare la costituzione di un comitato per il Sì. Mercoledì a Roma la presentazione di quello attivato dall’Unione delle Camere penali. Meno scontato, ma appena confermato, l’impegno di Cesare Salvi favorevole alla separazione delle carriere dei magistrati.
La riforma della giustizia come un triangolo isoscele: «due lati uguali equidistanti e il giudice in alto». Copyright Marcello Pera, il senatore di Fdi tra i delegati che ieri hanno consegnato in Cassazione le firme dei senatori di maggioranza per avviare l’iter referendario che deciderà il futuro delle toghe. Prendendo in prestito la metafora dell’ex presidente di Palazzo Madama, a 48 ore dallo sprint del Parlamento per la raccolta firme il perimetro del triangolo si è allargato, con i penalisti che hanno dato vita a uno dei primi Comitati per il sì portandosi dietro l’adesione di una Fondazione che, per il nome che porta, è il miglior biglietto da visita immaginabile: Enzo Tortora, dal giornalista e volto amatissimo del piccolo schermo diventato il simbolo della mala giustizia per antonomasia. «Siamo pronti al confronto con l’Anm e con chiunque sostenga le ragioni del No – spiega il presidente dell’Unione delle Camere Penali Italiane (Ucpi), Francesco Petrelli – Difendere il No significa difendere lo status quo, un sistema che ha smarrito equilibrio e perso la fiducia dei cittadini». Per i penalisti quella per il sì sulla scheda è una battaglia «di civiltà: perché chi giudica deve essere distinto chi da accusa e da chi difende». E mentre si muovono gli addetti ai lavori, per il governo è arrivato il momento delle decisioni: in mattinata il ministro della Giustizia Carlo Nordio varcherà il portone di Palazzo Chigi per ragionare con Giorgia Meloni e Alfredo Mantovano sulla strategia da portare avanti. Due le opzioni sul tavolo: «Una campagna del sì alla Piero Angela», spiegano fonti di governo per rimarcare le finalità divulgative, oppure una comunicazione «alla Hannibal Lecter», il cattivo per eccellenza preso a mo’ di esempio per stigmatizzare i toni aggressivi. Alla fine il governo tenterà di allargare il fronte del sì con un mix di “lezioni” agli italiani e toni pop, facendo leva soprattutto sui casi più blasonati di processi senza capo né coda e assurgendo a testimonial chi ha dovuto pagare alla giustizia un conto salato e non dovuto.
In ogni caso nel centrodestra è «AAA, testimonial cercasi». Dopo il no di Gaia Tortora, il governo non esclude di assoldare nella campagna Antonio Di Pietro: «Il suo trattore contro quello di Nicola Gratteri», anche lui amante della vita bucolica, l’unica passione che sembra tenerli insieme. Ma per arruolare l’ex pm di Mani Pulite bisognerebbe superare le resistenza di Fi e, soprattutto, della famiglia Berlusconi: un’impresa a occhio e croce titanica.
Intanto nell’altra curva del Parlamento si procede in ordine sparso. Con Azione di Carlo Calenda che voterà convintamente sì al pari della maggioranza, e Matteo Renzi pronto ad impartire ai suoi il seguente ordine di scuderia: dopo l’astensione in Aula, nelle urne sarà libertà di coscienza, mani libere. Lo stesso Renzi scioglierà la riserva solo all’ultimo. E mentre i senatori di minoranza hanno consegnato ieri le 40 firme per la richiesta di referendum al “Palazzaccio”, i deputati, per i quali è richiesto il doppio delle sigle, lo faranno soltanto oggi, una volta tagliato il traguardo di quota 40. «La verità è che Schlein non vuole metterci la faccia – c’è chi spergiura tra le file dem -: dopo aver perso sonoramente la sfida del referendum sul jobs act, trema al rischio di ripetere lo stesso errore. Ecco perché stavolta resterà tre passi indietro». Con la minoranza dem che già si prepara a servire il conto: subito dopo il voto in Puglia, Campania e Veneto, Guerini, Picierno e gli altri chiederanno alla segreteria una direzione ad hoc, per chiarire posizione del partito e strategia.
Un passo avanti, anche due, lo faranno invece i 5 Stelle, pronti a rispolverare le vecchie battaglie che hanno reso grande il Movimento. Puntando il dito contro una riforma «fatta dalla casta, dai politici che puntano solo a salvarsi la pelle assicurandosi l’impunità», il messaggio che filtra dal quartier generale di via Campo Marzio. E il comitato comune? Una strategia del fronte progressista che tenga tutti insieme? «Sicuramente ci saranno anche iniziative unitarie, ma prevarranno le battaglie identitarie». Giustappunto, in ordine sparso.
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