NON SI SCHERZI CON LA RIFORMA
Greco: Iter vada avanti senza ritardi, slittamento ddl comprometterebbe referendum e rinnovo del Csm libero da logiche correntizie.
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Il clima si è fatto pesante. Lo spettacolo dell’Aula di Palazzo Madama è stato non solo inconsueto, ma anche un po’ allarmante per il governo. Nel senso che il mood della “svolta autoritaria” adottato dalle opposizioni per contestare il Dl sicurezza ha una sua presa mediatica, a prescindere da quanto l’accusa sia consistente (e non sembra esserlo, perché se la crisi delle democrazie si misurasse in base alle leggi panpenaliste l’Italia sarebbe relegata fra gli Stati-canaglia già da qualche lustro).
Il perseverare del centrosinistra nella linea apocalittica potrebbe scalfire qualche certezza, a Palazzo Chigi. Dove non sembra esserci alcun interesse a trasformare anche la separazione delle carriere in un anatema sul “golpismo costituzionale”. Non foss’altro perché una drammatizzazione del genere rischierebbe di compromettere l’esito del referendum che dovrà sigillare la riforma. È in questo clima che ieri, sul timing del ddl Nordio, si è aperta una piccola incognita: l’opposizione ha ottenuto per stamattina una riunione della Capigruppo di Palazzo Madama, in cui chiederà di rinviare a settembre l’approdo in Aula della riforma Nordio, approdo ora fissato per l’11 luglio.
In realtà, fonti di via Arenula danno l’ipotesi per impraticabile. E il presidente dei senatori di FI Maurizio Gasparri, interpellato dal Dubbio, spiega: «Noi non abbiamo alcun interesse alla modifica del calendario Nella capigruppo di oggi (ieri per chi legge, ndr) è arrivata dalle opposizioni una richiesta di poterne comunque discutere in una nuova riunione. Noi siamo disponibili ad ascoltare. Ma certo non a tollerare altre messeinscena come quelle a cui il centrosinistra ha appena dato vita sul Dl Sicurezza». Linea confermata dal capogruppo di FdI Lucio Malan: «Non credo ci sarà un rinvio». E qualche ora prima, era stata la capogruppo di Italia viva Lella Paita a diffondere cautela: «Abbiamo chiesto di riprogrammare per settembre l’esame in Aula sulle carriere separate. Una modifica della data magari ci sarà, ma vediamo in che termini».
L’idea dell’Esecutivo era di ottenere il via libera di Palazzo Madama sul ddl Nordio prima della pausa estiva, altrimenti le altre due deliberazioni-fotocopia di Camera e Senato (previste dall’articolo 138 della Costituzione) sarebbero scivolate in un pericoloso ingorgo invernale, e i tempi del referendum confermativo sarebbero diventati ingestibili. Ecco perché, a fronte di una situazione non completamente definita, il presidente del Cnf Francesco Greco, nel primo pomeriggio di ieri, ha diffuso un comunicato molto netto: «Il disegno di legge sulla separazione delle carriere segna una svolta necessaria per completare la transizione verso un processo pienamente accusatorio, basato sul contraddittorio e sulla formazione delle prove in dibattimento. È in quell’aula pubblica, sotto la supervisione di un giudice terzo, che le prove devono essere presentate, contestate e valutate, nel rispetto della parità tra accusa e difesa, dando così finalmente attuazione al ‘giusto processo’ previsto dalla Costituzione. Per questo è fondamentale andare avanti spediti, senza rinvii. La giustizia italiana non può più aspettare».
Il vertice dell’istituzione forense ha ricordato che appunto «ogni rinvio dell’iter parlamentare comporta inevitabilmente lo slittamento del referendum, e dunque del momento in cui sarà il popolo a decidere. Ma significa anche correre il rischio che il prossimo Consiglio superiore della magistratura non superi le logiche correntizie, che questa riforma intende sorpassare».
Ecco, anche l’ultima delle questioni sollevate da Greco ha un peso notevole: il senso della riforma, e la stessa chance di suscitare consensi nell’urna referendaria, sono legati proprio alla prevedibile condivisone, tra gli elettori, di un argine al lobbismo giudiziario. Ma se la riforma tardasse, e la prospettiva si riducesse a un effetto anti-correnti “congelato” per altri quattro anni, la vittoria del Sì al referendum si complicherebbe.
«Se dalla Conferenza dei capigruppo arrivasse uno slittamento di una o due settimane, e se questo servisse a riaprire un dialogo fra gli schieramenti, non ci sarebbe nulla da obiettare», spiega il presidente del Cnf al Dubbio. «Ma se invece ci trovassimo di fronte a una logica meramente dilatoria, allora vorrebbe dire scherzare col diritto dei cittadini al giusto processo. E sarebbe inaccettabile. Si tenga conto che la riforma del Csm, e il sorteggio soprattutto, costituiscono il vero cuore della modifica costituzionale. La terzietà del giudice dev’essere effettiva anche sul piano dell’ordinamento. Si tratta di una riforma irrinunciabile. E sarebbe grave giocare con una materia così delicata».
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