I REFERENDUM NON RAGGIUNGONO IL QUORUM
Dai primi dati, affluenza sotto il 30%.
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Urne chiuse alle 15 nelle 61.591 sezioni, i primi dati si collocano molto lontano dal target. Renzi: “Quesiti ideologici”. Salvini: “La cittadinanza non è un regalo”. Rampelli: “Rivedere lo strumento referendario”
Urne chiuse alle ore 15, i primi dati indicano che i cinque referendum sul lavoro e sulla cittadinanza non hanno raggiunto il quorum.
Matteo Salvini: “Servono regole più severe sulla cittadinanza”. “La cittadinanza non è un regalo”, afferma Matteo Salvini dal summit dei Patrioti in Francia, ancor prima che chiudano i seggi. “E per la Lega e i Patrioti – sottolinea il vicepremier – bisogna semmai avere delle regole ancora più chiare e severe per diventare cittadini delle nostre nazioni. Non basta qualche anno di residenza occorre dimostrare di conoscere, rispettare e amare la storia, la cultura e la legge del paese che ti ospita in Italia come in Francia, altrimenti tutti a casa”.
Matteo Renzi: “Meloni voltagabbana, non accetto lezioni”. Anche Matteo Renzi anticipa i tempi e già in mattinata, tramite la enews, afferma che “i quesiti sul lavoro erano ideologici e rivolti al passato come abbiamo detto in tutte le varie tribune. Spero che sia chiaro che per costruire un centrosinistra vincente bisogna parlare di futuro, non di passato. Ingaggiare battaglie identitarie fa vincere i congressi ma non fa vincere le elezioni: se vogliamo costruire un’alternativa a Giorgia Meloni bisogna essere capaci di allargare al ceto medio, non chiudersi nel proprio recinto ideologico. Sono convinto che riusciremo a farlo” scrive il leader di Italia Viva, che si scaglia contro la premier per il comportamento tenuto ai seggi: “Come sapete io ho sempre rispettato la scelta di non andare a votare come una delle possibilità. Del resto noi stessi avevamo suggerito questa strada ai tempi del referendum delle trivelle, nel 2016. Noi non cambiamo idea sulla base della convenienza. Invece Giorgia Meloni s^: come sapete ieri la presidente non ha partecipato al voto, come era suo pieno diritto fare, ma quando lo facemmo noi, scelse di attaccare. Noi non diremo a Giorgia Meloni quello che lei diceva a noi. Sarebbe facile. Basterebbe sostituire il cognome Renzi con il cognome Meloni e la contraddizione suonerebbe evidente. Ma ci limitiamo a dire che Giorgia Meloni è una banderuola che cambia idea sulla base delle proprie convenienze”. Io ho votato al referendum. Non giudico chi non ha votato perché era suo diritto farlo. Ma non prendo lezioni di politica da una voltagabbana professionista”.
Fabio Rampelli: “Rivedere lo strumento referendario”. Il vicepresidente dei deputati di Fratelli d’Italia Fabio Rampelli propone una revisione dello strumento referendario, sostenendo che sia “probabile che insieme alla pretestuosità dei quesiti posti concorra al mancato raggiungimento del quorum l’ormai antico numero minimo di firme da raccogliere. Forse è giunto il momento di rivederlo al rialzo, ma non per indebolirlo, tutt’altro. Se il numero di firme è adeguato i promotori dovranno coinvolgere più soggetti e il numero più alto di firmatari corrisponderà a un maggior numero di cittadini coinvolti nella campagna referendaria. In caso contrario non è il partito degli astensionisti a essere colpevole del boicottaggio, tantomeno i media (oggettivamente nelle ultime tre settimane non si è parlato d’altro) ma quello di chi abusa di questo strumento”.
Luigi Marattin (Pld): “Il furore ideologico ha fallito”. “Ora che il furore ideologico ha fallito (costando pure centinaia di milioni di euro ai contribuenti italiani), possiamo iniziare a parlare di cosa davvero serve al mercato del lavoro italiano?”, chiede sui social Luigi Marattin, deputato e co-fondatore del Partito Liberaldemocratico. “Il Partito Liberaldemocratico fa 4 proposte, le trovate qui: detassare completamente e a regime i premi produttività; riformare la contrattazione collettiva, dando più spazio a quella territoriale e aziendale; una riforma generale del welfare aziendale; riduzione delle tasse al ceto medio, tagliando la spesa pubblica”.
Giovanbattista Fazzolari (FdI): “Governo rafforzato, sinistra indebolita”. “Le opposizioni hanno voluto trasformare i 5 referendum in un referendum sul governo Meloni.
Il responso appare molto chiaro: il governo ne esce ulteriormente rafforzato e la sinistra ulteriormente indebolita”.
Elisabetta Cualmini (Pd): “Referendum come boomerang”. “Aver mobilitato tutto il partito (democratico), tutti i circoli, tutti i dirigenti su un referendum che doveva ‘correggere gli errori del vecchio Pd’ si è rivelato un boomerang. Un referendum politico contro se stessi. Aver rotto l’unità sindacale in una rinnovata cinghia di trasmissione con un solo sindacato (Cgil), pur con rispetto, un altro errore. Con quesiti rivolti al passato e pochissimo legati alle patologie del mercato del lavoro di oggi. Doveva essere uno sfratto a Meloni. Non pare vada cosi. Auguriamoci almeno una discussione
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