BLOCCO DEI PAGAMENTI PA, POLEMICA INFINITA
Il governo introduce un limite ai pagamenti della Pubblica Amministrazione verso i professionisti in caso di irregolarità fiscale.
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Non accenna a spegnersi la polemica sulla norma inserita nel Disegno di legge di Bilancio 2026 che prevede il blocco dei pagamenti della Pubblica amministrazione nei confronti dei professionisti in assenza di regolarità fiscale e contributiva. Anzi, il fronte del dissenso continua ad allargarsi, coinvolgendo ormai l’intero sistema delle professioni, che denuncia una misura giudicata iniqua, sproporzionata e potenzialmente dannosa non solo per i lavoratori autonomi, ma per la stessa efficienza della Pa.
La disposizione, contenuta nell’articolo 129, comma 10, subordina la liquidazione degli onorari alla verifica preventiva della posizione fiscale e contributiva del professionista. Un meccanismo che, secondo i critici, trasforma il pagamento di prestazioni già svolte in uno strumento di pressione fiscale, senza distinguere tra irregolarità gravi e situazioni marginali o temporanee. Una scelta che viene definita punitiva e che rischia di colpire indiscriminatamente anche chi non è evasore, ma creditore dello Stato.
Tra i primi a sollevare il problema ci sono i geometri, che mettono in discussione l’impianto stesso della norma, ritenuta lontana dai principi di equità e parità di trattamento. Bloccare i compensi senza considerare l’entità dei debiti fiscali e senza tenere conto dei crediti vantati verso la Pa, spesso accumulati a causa dei ritardi cronici nei pagamenti, significa – denunciano – aggravare una situazione già critica. Da qui la proposta di consentire la compensazione tra crediti e debiti, soluzione che permetterebbe di regolarizzare le posizioni senza colpire la liquidità degli studi professionali.
Durissima anche la posizione dell’Associazione nazionale commercialisti, che definisce la misura “del tutto irragionevole” e lesiva del principio della libera prestazione dell’attività professionale. Una contraddizione evidente, sottolineano, se si considera che la stessa Pubblica amministrazione fatica a rispettare i tempi di pagamento previsti dalla legge e il principio dell’equo compenso. Sulla stessa linea l’Unione nazionale giovani dottori commercialisti ed esperti contabili, che parla di norma sproporzionata e avverte: il blocco dei pagamenti incide direttamente sulla liquidità degli studi, mette a rischio la continuità operativa e può riflettersi sulla qualità dei servizi resi a cittadini e imprese.
A lanciare l’allarme più forte è l’Avvocatura, in particolare per le ricadute sul patrocinio a spese dello Stato e sulla difesa d’ufficio. L’Associazione Italiana Giovani Avvocati denuncia un grave pregiudizio per i professionisti impegnati nella tutela dei soggetti più deboli – minori, persone indigenti, donne vittime di maltrattamenti – che già oggi attendono anni per il pagamento di compensi riconosciuti dall’autorità giudiziaria. Ritardi che spesso rendono difficoltoso, se non impossibile, il regolare versamento delle imposte dichiarate.
Secondo Aiga, la norma introduce un ulteriore adempimento burocratico e consente, di fatto, il blocco della retribuzione per prestazioni comunque espletate, con profili di possibie incostituzionalità rispetto agli articoli 3 e 36 della Carta. Una posizione condivisa anche dal Consiglio Nazionale Forense, che in una lettera al ministro dell’Economia definisce la disposizione “iniqua e fortemente sperequativa”, sottolineando la disparità di trattamento rispetto ad altri lavoratori, ai quali la retribuzione viene corrisposta anche in presenza di morosità fiscali.
Pur riaffermando l’obbligo inderogabile di adempiere correttamente agli obblighi tributari e previdenziali, l’Ordine evidenzia come l’introduzione di tale vincolo, se applicato in modo rigido e senza un confronto preventivo con le istituzioni forensi, rischi di determinare gravi conseguenze sul funzionamento del sistema Giustizia e sull’effettivo esercizio del diritto di difesa.
Il rischio denunciato dalle categorie è duplice: da un lato, trasformare i professionisti in esattori involontari dello Stato; dall’altro, provocare un “effetto fuga” da incarichi pubblici già poco remunerativi ma essenziali per garantire diritti fondamentali come l’accesso alla giustizia e comportare l’esclusione da incarichi pubblici di una parte significativa dell’Avvocatura, già penalizzata da ritardi nei pagamenti da parte delle stesse amministrazioni, con ricadute negative sul patrocinio a spese dello Stato e sulla tutela dei cittadini più vulnerabili. Nonostante gli emendamenti presentati, anche bipartisan, il confronto resta aperto e il clima teso.
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