Tempesta vaccinale.
Schillaci fa arrabbiare tutti ma Meloni lo salva.
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Il ministro della Salute investito dalle critiche dei colleghi Salvini e Lollobrigida per il pasticcio della commissione in cui aveva inserito due medici punto di riferimento del mondo no-vax, per poi annullare tutto. Ma la premier, pur molto scontenta, vuole salvaguardare l’integrità del governo
Ancora al suo posto, ma circondato da critiche feroci di chi in quel posto l’ha voluto. Seduto sulla sua sedia dalla quale, almeno per il momento, nessuno lo farà muovere. Ma, di fatto, sfiduciato. Per il ministro della Salute Orazio Schillaci sono le giornate più dure da quando ha lasciato il suo posto di rettore dell’Università di Tor Vergata per entrare a far parte del governo Meloni. La vicenda che lo vede al centro della polemica è quella dell’azzeramento della commissione vaccini (Nitag), da lui stesso nominata, dopo che la comunità scientifica ha protestato per la presenza di due scienziati, Eugenio Serravalle e Paolo Bellavite, che hanno criticato alcune politiche vaccinali. E che per questo sono diventati punti di riferimento del mondo no-vax
Come gli fanno notare i suoi colleghi di governo in queste ore – primo tra tutti Matteo Salvini – era stato lui stesso a firmare il decreto che istituiva la commissione. Come è possibile? E da dove arrivano quei nomi? Secondo varie ricostruzioni mai smentite la lista degli esperti da inserire in commissione sarebbe stata preparata dai collaboratori del ministro, seguendo le precise indicazioni delle alte sfere di Fratelli d’Italia, con qualche incursione della Lega, e dell’entourage di Giorgia Meloni. Serravalle e Bellavite, del resto, sono molto apprezzati dai politici di centrodestra che hanno espresso più ostilità nei confronti delle politiche vaccinali durante la pandemia. E che ora compongono la commissione Covid. Non a caso, tra i politici che in questi giorni si stanno spendendo per difendere i due scienziati ci sono il capogruppo di FdI al Senato, Lucio Malan, e il senatore leghista Claudio Borghi. Che siano stati proprio loro a suggerire questi nomi è un’ipotesi che circola a Palazzo
Quel che è certo è che Schillaci si è trovato di fronte a una lista bella e pronta e ci ha messo la firma senza battere ciglio. I distinguo sono arrivati solo dopo. Un comportamento singolare, che ora i suoi colleghi di governo sottolineano: “Prima ha nominato la Commissione, poi se l’è auto azzerata”, dice Salvini. Che, come il ministro Francesco Lollobrigida, non si risparmia nel criticare il collega.
Isolato nel governo e isolato anche nella maggioranza. “C’è molto malumore nel partito per questa storia”, spiega a HuffPost una fonte di FdI. Un malumore che, apprendiamo, va oltre il singolo caso: i patrioti, infatti, sarebbero scontenti proprio di come il tecnico Schillaci sta gestendo il comparto sanità.
Ma ora cosa ne sarà del ministro della Salute, che ha fatto contenta la (sua) comunità scientifica, ma ha scontentato (suo) il governo e, nella maggioranza, ha dalla sua parte solo Forza Italia e i moderati? Per il momento resta al suo posto. A meno che non decida di dimettersi di sua spontanea volontà – ipotesi che dalla Salute smentiscono – non sarà la premier a invitarlo, né a costringerlo, a tornare al suo lavoro precedente.
Per quanto Meloni sia molto irritata per la decisione presa in solitudine da Schillaci, e l’abbia anche fatto notare, non considera la vicenda del Nitag di una gravità tale da invitare Schillaci alla porta. Chi segue da vicino i suoi ragionamenti ci spiega che i rilievi che la premier ha mosso nei confronti del ministro della Salute riguardano il metodo politico che lui ha usato: “Non si può prendere una decisione del genere senza avvertire nessuno”, è il senso del ragionamento di Meloni. Non sarebbe, apprendiamo, la prima volta che ai piani alti del governo si risentono per la poca comunicazione tra la Salute e le altre istituzioni del governo. Palazzo Chigi in primis. La premier, inoltre, considera la scelta l’azzeramento del Nitag una sorta di repressione del “pluralismo” scientifico. Un tipo di politica sanitaria che lei ha avversato quando, durante la pandemia, era all’opposizione.
Nonostante tutto, la presidente del Consiglio ritiene che le vicende di questi giorni, per quanto indigesto a mezza maggioranza non creino un problema istituzionale. Non danneggino, a lungo termine, il ministero o il governo. E quindi è orientata a lasciarsi la vicenda alle spalle. Anche se i rapporti tra Palazzo Chigi e il ministero della Salute non torneranno sereni.
C’è poi un altro aspetto che Meloni prende molto in considerazione quando le si palesa l’opportunità di silurare un ministro: la durata del governo. “La longevità dei ministri – spiega chi la conosce bene – è considerata un riflesso della longevità del governo”. E Meloni, ossessionata dall’idea di battere tutti i predecessori, non vuole dare segnali di cedimento. Non in questo momento, almeno.
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