Anno: XXVI - Numero 249    
Martedì 30 Dicembre 2025 ore 13:30
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Rallentare la corsa verso il referendum: ecco la mossa di Conte e Schlein

L’ultima riunione dell’anno del Consiglio dei ministri non ha sciolto il nodo sulla data del voto.

Rallentare la corsa verso il referendum: ecco la mossa di Conte e Schlein

Fumata nera. L’ultima riunione dell’anno del cdm non ha sciolto il nodo della data del referendum. «Non se ne è proprio parlato», racconta il ministro della Protezione civile Musumeci a cdm concluso. In effetti la spinosa questione non era all’odg. In compenso, 24 ore prima, il sottosegretario Mantovano in persona aveva anticipato che la decisione sarebbe stata presa domani. Qualche ostacolo all’ultimo momento deve essere spuntato.

La questione, si sa, è al momento la prima linea dello scontro tra governo e opposizione. Problema in punto di diritto e che appare a prima e anche a seconda vista insensato. Il fronte del No ha iniziato, con voluto ritardo, la raccolta delle firme per reclamare un referendum che è già inevitabile, avendolo chiesto i parlamentari sia di maggioranza che d’opposizione. La tesi del No è che devono poterlo chiedere anche i cittadini. Se passasse la loro interpretazione sarebbe necessario aspettare la fine della raccolta delle firme e la convalida delle stesse. Si arriverebbe ad aprile.

Governo e maggioranza, invece, sostengono che raccogliere le firme per indire un referendum che è già indetto sia insensato e alla luce del senso comune è difficile dar loro torto. La loro interpretazione però avrebbe una ripercussione immediata sulla data del referendum. Lo si potrebbe indire già per i primi di marzo.

Quanta differenza può fare un mese di campagna elettorale in più o in meno? Stando alle speranze degli uni e alle paure degli altri parecchia. I sondaggi un po’ confermano. Partito con uno svantaggio che pareva irrecuperabile, intorno agli 8 punti percentuali, il No ha adesso molto ridotto la distanza. Per questo i leader dell’opposizione sono convinti che un mese in più possa fare la differenza e permettere il sorpasso. Va da sé che la stessa ipotesi è ben presente anche al governo, sotto forma di spettro invece che di rosea speranza. Per quanto la premier si sia sforzata e si sforzi di “depoliticizzare” la prova per non ritrovarsi negli scomodissimi panni di Matteo Renzi nel 2016, è infatti evidente che la sconfitta sarebbe un colpo politico micidiale e rovescerebbe radicalmente quadro politico e aspettative elettorali degli uni e degli altri.

In questa battaglia ingaggiata intorno a uno scarto che sarebbe comunque di pochissime settimane pesa probabilmente un altro elemento. Il fronte del No ha tutto l’interesse a polarizzare al massimo il confronto e a dimostrare che la premier forza le regole: è il solo modo per chiamare alle urne un elettorato poco coinvolto dal merito della riforma.

Il convitato per nulla di pietra, in questa partita, è Sergio Mattarella. Dal Quirinale filtra pochissimo: il Presidente vuole evitare per quanto possibile che proliferino retroscena che lo coinvolgono, tanto più in una materia così delicata e che lo coinvolge direttamente. Conoscendo però il modus operandi del Capo dello Stato e la sua massima attenzione al rispetto anche formale dei limiti del suo ruolo non dovrebbe essere troppo difficile indovinare quale sia la sua posizione. La decisione sulla data del referendum spetta al governo. È dunque molto improbabile che Mattarella contesti la scelta di votare nei primi due giorni di marzo, data che sarebbe probabilmente la preferita dal governo. Ma è altrettanto probabile, per non dire certo, che il Presidente abbia anche fatto presente il rischio che vengano accolti i ricorsi che sicuramente il No presenterà impugnando proprio il non aver aspettato la raccolta delle firme avviata in questi giorni.

Per il governo partire con un ricorso accolto e con il conseguente obbligo di rinviare una data già decisa sarebbe il modo peggiore di arrivare al referendum. La premier farebbe la figura di chi ha provato a forzare le regole ignorando il diritto solo per essere intuzzata dalla Corte costituzionale. L’opposizione si troverebbe spalancata di fronte un’autostrada: accuserebbe tutte le riforme costituzionali, a partire da quella della Giustizia, di mirare proprio a scardinare i sistemi di controllo che impediscono all’esecutivo di esercitare un potere assoluto. È probabile che proprio la necessità di verificare meglio le chances di sconfitta di fronte alla Consulta abbia spinto il governo a soprassedere sulla decisione di fissare già oggi la data del voto. Del resto, qualche margine di tempo ancora c’è: la scelta deve essere fatta entro il 19 gennaio e al momento non si può escludere nulla. Una cosa già certa però c’è: di qui al referendum la battaglia si combatterà a suon di colpi sotto la cintura.

Paolo Delgado su Il Dubbio

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