Anno: XXVI - Numero 203    
Mercoledì 22 Ottobre 2025 ore 14:15
Resta aggiornato:

Home » Pd, la minoranza mugugna. Schlein non ascolta e pensa solo alla sfida con Meloni

Pd, la minoranza mugugna. Schlein non ascolta e pensa solo alla sfida con Meloni

L'uscita sui rischi per la democrazia con l'estrema destra al governo continua a creare malumori in una minoranza rumorosa, ma che non ha candidati alternativi per la leadership. E teme il congresso. E a Milano venerdì Pina Picierno, Paolo Gentiloni, Filippo Sensi daranno vita a (un’altra) area autonoma.

Pd, la minoranza mugugna. Schlein non ascolta e pensa solo alla sfida con Meloni

Dopo il caso Amsterdam, il Pd va in pressing sulla segretaria: “Elly, correggiamo la linea”, le dicono nel partito. Prima la manovra, poi il resto. “La contrapposizione con Meloni avvantaggia la premier”.

Al congresso olandese del Pse, Elly Schlein ha denunciato “la democrazia a rischio” in Italia, “la libertà di parola a rischio quando l’estrema destra è al governo”. A molti nel Pd è parsa un’esagerazione. “Meloni è la presidente del Consiglio, dovremmo incalzarla sulle risposte che non dà in termini di salari, di pensioni, di bollette”, dice all’Huffpost Alessandro Alfieri, componente della segreteria. Sono in tanti a pensarla come lui. Per Stefano Bonaccini è quasi un mantra: “Parlare male di Meloni non ci porta un voto in più”, dice. Meglio sarebbe concentrarsi sulla manovra economica.

I fedelissimi come Marta Bonafoni difendono la leader dem. “Descrivono Meloni come una moderata. Elly ha detto una semplice verità: queste destre nazionaliste sono pericolose. E l’Italia è il prototipo”, spiega la coordinatrice della segreteria. Ma anche nel cerchio stretto ammettono che le parole di Schlein non vanno riferite al caso Ranucci in quanto tale, ma al complesso delle “riforme” messe in campo di Meloni. Ma cos’ha in mente Elly? I suoi spiegano che al dunque, nel 2027, lo schema di gioco sarà Schlein contro Meloni. E l’anticipo di quella sfida sarà il referendum sulla giustizia, che assumerà ad esempio delle riforme ‘pericolose’ del governo. La polarizzazione con la premier la aiuta ad arrivare al traguardo da candidata premier. Non avrà neppure bisogno del congresso, che infatti non rientra nei piani a breve: la minoranza interna è rumorosa ma divisa. E fuori dal Pd, ci sono iniziative che non la scalfiscono, anzi vanno a togliere voti ai suoi avversari interni. In extremis, poi, potrebbe arrivare anche una legge elettorale che obblighi a indicare il candidato premier. A quel punto, Giorgia potrebbe aiutarla nell’ascesa alla premiership. Fatto sta che la legge di bilancio è stata licenziata da Palazzo Chigi senza che il Pd abbia ancora provato a indicare una contro-manovra. “Eppure sarebbe facile, quella del governo è una tale schifezza…”, si rammaricano i deputati dem in Transatlantico. La cosa è ancor più paradossale visto che le altre opposizioni, intanto, si sono mosse. Giuseppe Conte ha chiesto un tavolo per formulare proposte comuni. Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli mettono le mani avanti e chiedono il ritorno alla scala mobile. Dai parlamentari dem è arrivato alla segretaria l’invito a prendere l’iniziativa. “Dobbiamo farlo noi. Non possiamo andare a ricasco degli altri”, si lamentano con Huffpost.

Al momento dal Nazareno non sono arrivate risposte. Il malcontento nel partito non si limita all’agenda. In piena campagna elettorale per le regionali, nessuno vuol fare la parte del guastatore. Ma tanti ricordano che a Schlein è stato chiesto a più riprese di fare il punto sulla linea politica. Avrebbero voluto farlo prima delle regionali, se lei non avesse convocato la direzione a ridosso del voto nelle Marche. Ora a un mese dalle regionali ci riprovano. Il voto in Campania è vissuto come uno spartiacque. I sondaggi dicono che il vantaggio è ancora ampio.

A Milano il 24 ottobre una parte dei riformisti – Pina Picierno, Paolo Gentiloni, Filippo Sensi tra questi – darà il via a un’area autonoma. E anche se i riformisti non hanno un candidato per un eventuale congresso (che si guardano bene dal chiedere) hanno infranto la pax interna che ha portato Stefano Bonaccini alla presidenza del partito. Bonaccini a Milano non ci sarà, pare per problemi di agenda.

Ma non soltanto loro dissentono sulla linea ‘movimentista’. Anche tra le aree che sostengono la segretaria a un certo punto è circolata la richiesta di creare un ‘coordinamento’ per darle una mano. Ma Schlein ha respinto l’offerta. Ora sono pronti a chiedere la convocazione dell’assemblea nazionale, che dovrebbe tenersi a norma di statuto ogni sei mesi. Invocano una mossa da leader della coalizione, la proposta di un tavolo congiunto, di un cantiere del centrosinistra. Dal Nazareno rinviano a dopo le regionali.

Le rimproverano, tra le altre cose, di non mostrare il giusto interesse per il partito. Un episodio, noto ad Huffpost, spiega bene la situazione. Quando l’11 ottobre Schlein è andata a Genova per partecipare al congresso di Area democratica per la giustizia, ha incontrato anche la sindaca Silvia Salis. Ma lo sapevano in pochi. Di sicuro non lo sapeva il segretario regionale ligure Davide Natale, che l’ha presa male, via chat.  Nell’elenco delle doglianze dem c’è anche l’atteggiamento da assumere nei confronti dello scomodo alleato a Cinque stelle. Le rimproverano troppa accondiscendenza. Oggi la segretaria in piazza per la manifestazione di solidarietà a Sigfrido Ranucci. Conte salirà sul palco, tra gli organizzatori, Schlein non dovrebbe farlo. “Ma non era meglio se prendevamo noi l’iniziativa?”, si chiedono i dem.

Lei ripete che bisogna essere “testardamente unitari”.  Ma intanto in Parlamento le opposizioni continuano a giocare ognuno per sé. Mercoledì presenteranno cinque diverse risoluzioni dopo le comunicazioni di Meloni in Parlamento sul consiglio europeo. Ed è vero come spiega Peppe Provenzano ad Huffpost che “in questi casi è consuetudine, visto che nel Parlamento europeo siediamo in gruppi politici distinti. Semmai- aggiunge – il problema grosso ce l’ha la maggioranza: Meloni non ha smentito di voler ridimensionare il sostegno all’Ucraina”. Ma anche le opposizioni sono divise sul punto. I documenti di M5s e Avs non prevedono l’invio di armi a Kiev. Il Pd conferma l’impegno. Voteranno insieme solo le parti dei rispettivi documenti che siano compatibili. Testardamente unitari, divisi alla meta. 

Di Alfonso Raimo su Huffpost

© Riproduzione riservata

Iscriviti alla newsletter!Ricevi gli aggiornamenti settimanali delle notizie più importanti tra cui: articoli, video, eventi, corsi di formazione e libri inerenti la tua professione.

ISCRIVITI

Altre Notizie della sezione

Archivio sezione

Commenti


×

Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie.