Anno: XXVI - Numero 175    
Giovedì 11 Settembre 2025 ore 14:00
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Meloni delude Salvini: il Veneto alla Lega solo se non si perdono le Marche Il pressing del leader leghista va a vuoto.

La premier abbandona dopo una mezz'oretta il vertice dei leader del centrodestra, l'agenda internazionale ha la precedenza.

Meloni delude Salvini: il Veneto alla Lega solo se non si perdono le Marche Il pressing del leader leghista va a vuoto.

Ma non ha fretta di decidere il candidato a Venezia e dintorni. Sarà un leghista solo se Acquaroli verrà riconfermato. Niente fretta: sul candidato in Veneto e sull’autonomia Meloni e Tajani contengono Matteo Salvini, che andrà a Pontida con il cesto mezzo vuoto.

Per tutta la mattina il segretario della Lega ha fatto precedere il vertice pomeridiano a Palazzo Chigi da un malcelato pressing nei confronti degli alleati: “Noi siamo pronti da tempo, abbiamo i candidati in tutte le province. Ma è il 10 settembre, bisogna fare in fretta”, diceva in mattinata da Campolattaro, in provincia di Benevento. E poco dopo, rimarcava: “In Campania, va bene qualsiasi candidato esca dal tavolo, purchè si cominci”. E ancora: “in Puglia, Veneto e Campania meglio sarebbe andare al voto nello stesso giorno e dunque si scelgano tutti i candidati nello stesso giorno, altrimenti siamo qua ogni settimana…”.

Insomma: decidiamo una buona volta. “È la data che ci obbliga, è il calendario che ci impone di fare in fretta. Se voti il 22 novembre e siamo al 10 settembre non sono i ragionamenti politici ma quelli meramente numerici che ti dicono di fare in fretta”.

Niente da fare. La premura del leghista non è stata condivisa a Palazzo Chigi. Raccontano che Giorgia Meloni, dopo una mezz’oretta di vertice, abbia chiesto venia e salutato gli astanti – oltre a Salvini, c’erano Antonio Tajani, Maurizio Lupi e Roberto Calderoli – per dedicarsi agli impegni internazionali. La crisi polacca, innescata dai droni russi sulla Polonia, prevale sul calendario delle regionali. “Con permesso”, ha detto Meloni, facendo sfumare così le ambizioni di Salvini di ottenere l’investitura per il suo Alberto Stefani.

Il leader leghista puntava a ottenerla prima della 37ma edizione di Pontida, il 21 settembre prossimo. E invece alla kermesse di partito Salvini dovrà accontentarsi di portare in dono le prime intese sull’autonomia tra governo e regioni del Nord – Veneto, Lombardia, Piemonte e Liguria – per le materie che non toccano i livelli essenziali di prestazioni. La candidatura di Stefani in Veneto potrà al più brandirla come una richiesta, ma non darla per scontata. Dovrà attendere fino alle regionali nelle Marche il 28 e 29 settembre prossimi, una settimana dopo la kermesse leghista.

La questione non è solo di calendario. C’entrano i rapporti tra alleati. Coi sondaggi che la accreditano al 30 per cento nazionale, se Fratelli d’Italia lasciasse il Veneto alla Lega prima di avere la sicurezza della vittoria in Veneto rischierebbe di rimanere a bocca asciutta.

Le Marche sono la prima regione ad andare al voto, il 28 e 29 settembre. Seguono poi la Calabria – il 5 e 6 ottobre, dove il candidato di centrodestra è il forzista Roberto Occhiuto – la Toscana – il 12 e 13 ottobre, con l’esponente di FdI Alessandro Tomasi – mentre in Veneto, Puglia e Campania si voterà – su questo sembra esserci convergenza – l’ultimo fine settimana utile, il 22 e 23 novembre. Il centrodestra ha reali possibilità di vittoria solo nelle Marche, in Calabria e in Veneto.

Giorgia Meloni, spiegano fonti di FdI vuole prima capire come va a finire il voto marchigiano, dove corre il governatore uscente Francesco Acquaroli, esponente di FdI. Se Acquaroli dovesse perdere, i Fratelli dovrebbero ripiegare sul Veneto, con Luca De Carlo. Altrimenti rischierebbero di non ottenere neppure una regione su sei al voto.

In sostanza, fino a che le Marche non voteranno, il candidato per il Veneto, l’altra regione data per vincente, non ci sarà. I sondaggi oscillano: quelli riferiti dai partiti di centrodestra danno Acquaroli avanti su Matteo Ricci di 2 punti e mezzo. Quelli del Pd, danno l’ex sindaco di Pesaro in vantaggio di mezzo punto. In ogni caso la forchetta è così stretta da non autorizzare atti di generosità da parte di Meloni e dei Fratelli.

Ma anche sull’autonomia in maggioranza emergono distinguo. Il vertice di Palazzo Chigi era stato convocato su richiesta della Lega proprio su questo tema, messo in stand by nell’agenda dei lavori parlamentari. Forza Italia in passato ha espresso riserve sulle intese separate con le regioni del Nord, per escludere sovrapposizioni con le competenze dell’amministrazione centrale. Mentre sulla determinazione dei livelli essenziali di assistenza, ha ribadito anche oggi che non ci possono essere distanze troppo grandi tra le diverse aree del Paese. Non a caso al tavolo di Chigi, il partito di Tajani ha voluto che fosse presente anche il presidente della commissione affari costituzionali di Montecitorio Nazario Pagano, esperto della materia e contro-interlocutore del ministro leghista Calderoli. Nell’ora di discussione si è deciso di andare avanti, ma senza strappi. A Pontida, Matteo Salvini potrà sventolare almeno un risultato. Ma assomiglia molto a un contentino.

di Alfonso Raimo su HuffPost

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