La maggioranza si schiera per l'astensione al referendum. Ira delle opposizioni
Tajani: "È una scelta politica". Magi-Landini: "Vergognoso"

La maggioranza si schiera sull’astensione in vista dei referendum dell’8 e 9 giugno. Un “astensionismo politico”, lo definisce il vicepremier Antonio Tajani visto che “non condividiamo la proposta referendaria”. Essendoci il quorum, e diversamente dalle elezioni politiche, ragiona il ministro, “non andare a votare è una scelta politica, non di disinteresse nei confronti degli argomenti”. Si tratta della stessa indicazione che, secondo quanto viene riferito, sarebbe stata data da Fratelli d’Italia, in un dossier di approfondimento in materia per i parlamentari. E la linea della non partecipazione al voto, secondo fonti leghiste, è quella scelta anche dal partito di Salvini.
Ma l’invito di andare al mare anziché alle urne fa gridare allo scandalo le opposizioni e i comitati referendari. Un invito “vergognoso e illiberale”, lo definisce il segretario di +Europa, Riccardo Magi, promotore del referendum sulla cittadinanza. Per il segretario della Cgil Maurizio Landini, promotore di quelli sul lavoro, è una scelta “grave e pericolosa”. “Tanto più – aggiunge – dopo che il presidente della Repubblica ha ricordato come il voto e la partecipazione politica siano l’essenza della nostra democrazia”. Parole alle quali replica il presidente della commissione Affari Costituzionali del Senato, Alberto Balboni (FdI) che invita il leader sindacale a prendere “lezioni di diritto Costituzionale” argomentando che nella Carta “si prevede che sia pienamente legittima la scelta dell’astensione”.
La destra “getta la maschera” senza “avere il coraggio di criticare nel merito i quesiti anziché affossarli con la mancata partecipazione”, dice dal Pd Marco Sarracino mentre la segretaria Dem Elly Schlein torna a chiamare alla partecipazione. “Quando i politici, addirittura i responsabili del governo – attacca Giuseppe Conte – invitano i cittadini a non votare, significa che vogliono aggravare le condizioni già malmesse dalla nostra democrazia”. Da Avs con Nicola Fratoianni arriva un “contro appello” agli elettori del centrodestra: “non ascoltateli”.
Certo è che con la maggioranza compatta sulla non partecipazione al voto è chiaro che l’ipotesi del raggiungimento del 50% più uno dei votanti sembra piuttosto complicata. “Ho l’impressione che il quorum non si farà neanche con il binocolo”, diceva nei giorni scorsi il leader di Iv, Matteo Renzi, che, pure contrario ai quesiti sul jobs act, ha invitato ad andare a votare no sul lavoro e fatto sapere che voterà sì a quello sulla cittadinanza. Nella maggioranza, invece, a non seguire la linea dell’astensione è Noi Moderati, che però preannuncia 5 no. Si tratta, dice Maurizio Lupi, di proposte sul lavoro “fatte con il paraocchi ideologico” mentre sulla cittadinanza “riteniamo che 10 anni siano un tempo ragionevole per ottenerla” per cui “voteremo convintamente 5 no”. La partita del quorum è complicata anche dalla data: l’8 e il 9 giugno in corrispondenza del secondo turno delle amministrative. Motivo per cui Pd ed M5s negli emendamenti depositati al decreto in materia in discussione alla Camera provano a riproporre l’abbinamento al primo turno. Intanto, dopo che i referendari hanno protestato davanti alla Rai vestiti da fantasmi per chiedere più copertura mediatica, arriva un richiamo dell’Agcom. L’Autorità, infatti, ha invitato “tutte le emittenti a dedicare un adeguato spazio informativo sulle questioni sottoposte a voto popolare”.
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