Il ritorno del reddito.
Prometterlo per vincere le regionali, e pazienza se non si realizzerà
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Giani, Fico, Tridico: si allarga il fronte dei candidati del campo largo che promette di far rientrare dalla finestra la misura che il governo aveva fatto uscire dalla porta.
Renato Mannheimer: “Può spostare consensi”. Ma i soldi europei a cui si annuncia di voler attingere difficilmente potranno essere usati. E i bilanci regionali languono, rendendo assai complicate le coperture
Con il reddito di cittadinanza per vincere alle regionali. O almeno, questo nelle intenzioni del centrosinistra. Dalla Campania alla Toscana, alla Calabria il campo largo trova un collante nella misura che un tempo divideva i partiti della coalizione. Acqua passata: con le regionali alle porte, non è il caso di polemizzare. I riformisti del Pd si adeguano, i centristi della coalizione fanno buon viso. Renato Mannheimer conferma: “Il reddito di cittadinanza può essere decisivo perché più che spostare voti, è in grado di ridurre l’astensionismo. In particolare quello dei giovani”, dice il sondaggista all’Huffpost.
Dove eravamo rimasti. Dal primo gennaio del 2024 il governo Meloni ha di fatto cancellato la misura cara ai Cinque Stelle, che poteva valere fino a 780 euro al mese. Al suo posto, sono subentrati l’Assegno di inclusione (AdI) e il Supporto per la formazione e il lavoro (Sfl) destinato ai soggetti definiti occupabili. Ma non è la stessa cosa: Banca d’Italia ha calcolato che i due nuovi strumenti di contrasto alla povertà arrivano a una platea dimezzata: 1,2 milioni di nuclei familiari invece che 2,1 milioni, con un risparmio per lo Stato di 1,7 miliardi di euro l’anno. Le somme, dunque, sono molto inferiori: il minimo è di appena 480 euro l’anno. Mentre il supporto per la formazione arriva fino ad un massimo di 12 mesi di durata.
In vista del voto autunnale in sei regioni, il campo largo resuscita la misura inaugurata dal governo gialloverde, questa volta tarata su base locale. Giuseppe Conte, presentatosi in Campania accanto al candidato Roberto Fico, ha fatto anche una cifra: 400 euro al mese. E non basta. Nel modello campano l’assegno sarà garantito a ogni persona per dodici mesi, a cui si sommeranno 200 euro per ogni componente del nucleo familiare oltre il secondo. In una seconda fase, fino a 36 mesi, si prevede 400 euro mensili a persona e un contributo da parte dell’impresa.
Bene, ma chi paga? Sul capitolo coperture, le ricette si dividono. I 5 stelle in Campania propongono di prelevare 200 milioni di euro dal bilancio regionale. Eugenio Giani, governatore toscano in carica e candidato alla presidenza, spiega invece che “i soldi arriveranno da fondi europei per una cifra che va sui 15-20 milioni”. Nel modello toscano il sostegno andrà ai disoccupati in forma di reddito-bonus, per un periodo dai 9 mesi a un anno, ma nel contempo dovranno formarsi con il supporto della Regione. L’importo: “Ad ogni persona che ne farà richiesta andrà qualche centinaio di euro”.
All’Europa guarda anche Pasquale Tridico, che da presidente dell’Inps è stato il padre del reddito di cittadinanza prima maniera. Da candidato governatore in Calabria propone il reddito di dignità: andrà a tutti “coloro tra 18 e 60 anni che sono occupabili ma senza lavoro, e che sono stati esclusi dalle misure del governo”. L’assegno sarà legato alle politiche attive per il lavoro e quindi attingerà al Fondo Sociale europeo.
Anche se in passato la parte moderata della coalizione si era scagliata contro il reddito di cittadinanza nazionale, quello varato nel 2019 dal governo gialloverde, ora non si schierano contro: non lo fanno i riformisti del Pd – timorosi di incrinare i delicati equilibri di coalizione – e neppure Italia viva, che pure nel 2022 annunciò un referendum contro quella misura. Questa volta prevalgono le ragioni elettorali.
Si schiera invece Luigi Marattin, segretario del Partito Liberaldemocratico, oltre che economista ed ex presidente della commissione finanze della Camera. “Da tecnico dico una cosa arcinota e cioè che non si possono finanziare sussidi al reddito, e cioè capitoli di spesa corrente, coi fondi europei destinati alla formazione lavoro. Quanto all’idea di prelevare quei soldi dai bilanci regionali – ammesso che ci siano – soldi destinati all’inserimento lavorativo per darli a chi non lavora, mi ricorda la massima di Confucio e l’affamato, ma al contrario: guai a insegnargli a pescare…”. Politicamente, aggiunge Marattin, il Partito Libdem è chiaro: “Sono proposte acchiappavoti contro le quali alzeremo le barricate. Non ci voteranno mai? Pazienza, ma almeno salviamo la dignità”.
I voti, appunto. Ma quanto vale in termini elettorali il reddito di cittadinanza regionale? Stime precise non ce ne sono. Ci sono, invece, analisi secondarie sulla base della distribuzione dei voti dei partiti. Secondo Renato Mannheimer, la misura può fare la differenza. “È innegabile, al Sud il reddito di cittadinanza piace, mentre gli elettori che sono ferocemente contrari sono per lo più concentrati al nord. Dove si vota solo in Veneto, e l’esito è abbastanza scontato”. Nel mezzogiorno, invece, il reddito di cittadinanza regionale “può sollecitare fasce di elettori che altrimenti si sarebbero tenute lontane dalle urne, come i giovani. Più difficile, invece, che sposti consensi da una parte all’altra del quadro politico. Sono voti strappati all’astensionismo. Conte, da bravo comunicatore, lo sa bene: lui non si limita alla proposta, dà anche delle cifre, in modo che sia chiaro di cosa si parla. Quattrocento euro al Sud oggi sono una cifra considerevole”.
di Alfonso Raimo su HuffPost
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