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Il pescatore. Per il partito di centro Franceschini va a strascico

Renzi, Ruffini, la neosindaca di Genova Salis, Tarquinio e gli altri.

Il pescatore. Per il partito di centro Franceschini va a strascico

Racconto della girandola di telefonate e relativi interlocutori dell’ex ministro della Cultura. Che si muove per dare vita a una nuova formazione centrista che affianchi il Pd alle elezioni, gettando ami in giro per vedere chi ci sta.

Dario Franceschini viene descritto come un “pescatore”. Non come un meccanico, a dispetto dell’officina romana dove è andato a vivere dopo averla trasformata in un loft. La tecnica del taciturno ed esperto leader postdemocristiano è quella della pesca a strascico. “Getta ami un po’ ovunque e poi vede cosa tira su…”, dice uno dei suoi interlocutori.

L’idea dell’ex ministro della Cultura, ex segretario Pd e tra i fondatori della Margherita, non è nuova. Ma è, visto lo slittamento a sinistra imposto da Elly Schlein al Pd, “quanto mai necessaria”, se non “indispensabile”. Franceschini progetta di costruire, nel centro dell’asfittico palcoscenico politico italiano, la famosa e fantomatica terza gamba del centrosinistra o Margherita 3.0. Una forza moderata, riformista, cattolica e liberale, in grado di ammaliare (o per lo meno convincere a smetterla di disertare le urne) quegli elettori che hanno voltato le spalle al partito di Schlein. E che non sono pochi, vista un’astensione salita oltre al 50% e un Pd fermo al 22-23% secondo i sondaggi.

“Una forza di centro alleata del Pd è l’unico modo”, ha confidato Franceschini, “per non morire meloniani e sovranisti”. Il Pd in versione radical-gruppettara ha smarrito, infatti, la vocazione di partito votato al governo del Paese. Quello di Romano Prodi, Walter Veltroni, Paolo Gentiloni, Enrico Letta, per intenderci. E gli elettori moderati se ne tengono a distanza.

Qui, appunto, arriva l’impresa ittica di Franceschini. L’ex ministro sta lanciando i suoi ami con l’obiettivo di “unificare” i vari leader centristi. Il primo pesce che vorrebbe pescare è Ernesto Maria Ruffini. L’ex capo dell’Agenzia delle entrate, sostenuto da Prodi, Bruno Tabacci e da tanti altri cultori del modello-Ulivo, sta promuovendo in tutta Italia i comitati “Più uno”, in nome dell’impegno di ogni cittadino a contribuire al bene del Paese. Un’aspirazione alta che sta dimostrando, sul campo, di avere un buon appeal: sono già 150 i comitati nati in altrettante città. Anche per questo, da quel che filtra, Ruffini non sarebbe molto affascinato dal progetto di Franceschini. Teme che serva solo per battere il centrodestra, ma che poi non sarebbe in grado di garantire una proposta di governo al Paese. “Non bisogna partire dai nomi, ma dai valori e dai progetti che uniscono”, è la sua parola d’ordine. Esattamente la stessa di Prodi, l’unico nella storia italica ad aver battuto il centrodestra. E lui gruppettaro di certo non era.

Un altro pesce è Matteo Renzi. Il senatore di Italia Viva è convintissimo, è stato il primo ad abboccare entusiasta. E, si dice, ora sta lavorando a fianco di Franceschini sulla tolda dell’azienda ittica. Poi c’è Alessandro Onorato, l’assessore romano promotore e tessitore del movimento delle liste civiche. C’è la nuova sindaca di Genova, Silvia Salis. Ci sono l’eurodeputato dem Marco Tarquinio, il leader di Demos Paolo Ciani, la presidente dell’Umbria Stefania Proietti, impegnati nella costrizione della “Rete civica solidale” dalle forti venature pacifiste.

È questo l’arcipelago, ultra frammentato, che Franceschini vorrebbe coagulare. Sono invece destinati a restare fuori dalla porta, Azione di Carlo Calenda, ormai affascinato dal dialogo con il centrodestra, e il movimento di Luigi Marattin che sogna un Terzo Polo. Progetto che con l’attuale legge elettorale è destinato a restare un sogno. Non a caso Marattin invoca il ritorno al proporzionale. Epilogo che piacerebbe anche a Giorgia Meloni per affrancarsi dall’alleanza nei collegi uninominali con la Lega. Ma Matteo Salvini ha fiutato l’agguato e con ogni probabilità si tornerà a votare con il Rosatellum.

L’impresa di pesca di Franceschini è saldamente ancorata al Pd: l’ex ministro si propone come un “regista esterno” della Margherita 3.0. Lasciare il partito democratico sarebbe troppo rischioso, vorrebbe dire fare un salto nel vuoto e la spericolatezza non è tra le caratteristiche di Dario. “La mia casa è e resterà il Pd guidato da Elly Schlein”, ha messo in chiaro ieri con una chiara professione di fede verso la segretaria, un tipetto che non tollera alcun tipo di insubordinazione.

Tant’è, che sull’”Operazione pesca al centro” c’è la benedizione di Schlein. E questo perché la segretaria dem, pur volendo restare “fieramente” a sinistra, sa bene di non poter rinunciare per vincere al contributo dei riformisti. Le prove: le candidature alle prossime elezioni regionali di Matteo Ricci (Marche) e di Antonio Decaro (Puglia) e il sostegno arrivato dopo mille tormenti – viste le pressioni forcaiole di Giuseppe Conte – al sindaco di Milano Beppe Sala.

Ma guai a parlare, a Elly, di primarie di coalizione. La segretaria vuole dei portatori d’acqua e di voti, non dei competitor che le potrebbero scippare la candidatura a premier. Proprio Franceschini, qualche tempo fa, provò a spiegarle che mai nessuno era sbarcato a Palazzo Chigi da sinistra. “Prodi era un post-democristiano…”.

Ma, allora come adesso, Schlein vuole sfatare il tabù. È convinta che se spunta la gamba moderata e se Conte, Angelo Bonelli, Nicola Fratoianni le resteranno fedeli, l’impresa riuscita all’underdog della Garbatella potrebbe riuscire pure a lei.

di Alberto Gentili su HuffPost

 

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