Il caso Ilaria Salis. Forza Italia vacilla sulla immunità. Orbán le invia le coordinate del carcere
Martedì il voto in commissione giuridica a Bruxelles: nel centrodestra FdI e Lega scatenati contro l’eurodeputata di Avs, dubbi in Forza Italia. Bastano tre astensioni per salvarla, ma i Popolari con le destre hanno i numeri per colpirla.
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Il d-day è quasi arrivato e si scalda la temperatura intorno all’eurodeputata di Avs Ilaria Salis, in carcere in Ungheria fino all’elezione alle europee 2024 con l’accusa di aver aggredito attivisti di estrema destra. Martedì la commissione giuridica (Juri) dell’Eurocamera ha in agenda il voto sulla richiesta di revoca dell’immunità parlamentare, arrivata dalle autorità ungheresi subito dopo lo scontro verbale in aula tra Ilaria Salis e Viktor Orbán, ospite a Strasburgo esattamente un anno fa. Sempre che il voto non slitti ulteriormente: la questione non è di facile gestione tra i gruppi politici, è diventata un po’ lo spartiacque tra chi sta contro il vituperato autocrate Orbán, nemico dello stato di diritto, e chi invece lo sostiene. La maggioranza Ursula è spaccata, ça va sans dire, con Socialisti, Liberali e Verdi a favore di Salis, mentre i Popolari sono schierati con le destre, scatenate contro l’eurodeputata. Ma proprio tra i Popolari si interrogano le delegazioni più critiche del leader magiaro e anche la maggioranza di centrodestra italiana è divisa tra Forza Italia, dubbiosa sulla revoca dell’immunità, e gli alleati FdI e Lega, convintissimi contro l’eurodeputata. Il 21 maggio scorso, giorno della visita di Sergio Mattarella a Bruxelles, non è sfuggita ai più la cordiale stretta di mano di Antonio Tajani a Salis, presente come gli altri europarlamentari italiani alla cerimonia di saluto con il presidente della Repubblica.
Intanto oggi, a pochi giorni dal voto, Salis finisce di nuovo nel mirino di Orbán. Il portavoce dell’esecutivo di Budapest Zoltan Kovacs risponde a un tweet dell’eurodeputata con dei numeri che, a prima vista, potrebbero sembrare innocui e senza senso: “47.8690 N 18.8699 E”. Invece sono le coordinate del carcere di Marianosztra, dove l’europarlamentare è stata detenuta dal momento dell’arresto l’11 febbraio 2023, data dei fatti contestati, il “Giorno dell’onore”, come viene chiamato dai movimenti neonazisti ungheresi, che in questa giornata ogni anno scendono in piazza a ricordare i soldati ungheresi e tedeschi uccisi durante l’assedio di Budapest nella Seconda guerra mondiale. Un messaggio molto chiaro da parte delle autorità magiare che aumenta la pressione sul voto di martedì. Ma sono mesi che il voto su Salis slitta. Era previsto prima dell’estate, è stato rinviato a settembre perché all’interno del Ppe la questione fa discutere. Se il relatore, il Popolare spagnolo Adrián Vázquez Lázara, non ha dubbi sulla revoca dell’immunità – anche perché non vuole creare precedenti che possano aiutare gli eurodeputati catalani finiti nelle maglie della giustizia per la questione dell’Indipendenza della Catalogna – Forza Italia, rappresentata in commissione da Caterina Chinnici, è decisamente più cauta e in questi mesi non ha mai seguito i colleghi Mario Mantovani di Fratelli d’Italia e Renato Stancanelli della Lega negli attacchi a Salis.
Al netto di tutto però, se i Popolari decidessero di votare con le destre, ci sarebbe la maggioranza per la revoca dell’immunità e sarebbe un’altra batosta per la maggioranza Ursula. Ma basterebbero tre astensioni per respingerla. Socialisti, Verdi, Liberali e Sinistra sono compatti per Salis. Il caso è ormai diventato simbolo dell’opposizione a Orbán al Parlamento europeo e strizza l’occhio a quelle delegazioni del Ppe che criticano l’autocrate di Budapest e che nel 2021 l’hanno voluto fuori dal partito.
Il tweet del portavoce di Orbán con le coordinate del carcere di Budapest “è l’ennesima riprova che per Salis non ci sarà mai un giusto processo in quel Paese e per questo ogni parlamentare di destra o di sinistra che ha a cuore lo stato di diritto e i diritti degli imputati deve votare per difendere Ilaria Salis nel voto sull’immunità del 23 settembre all’Europarlamento. Io certamente lo farò”, scrive l’europarlamentare Pd Brando Benifei rispondendo su X all’ungherese Kovacs.
Ad ogni modo, il Ppe ha già tradito un tentativo di accordo. In commissione Juri si è tentato di affrontare il caso Salis in un unico pacchetto con altri due casi, pure all’ordine del giorno della seduta di martedì: la richiesta di revoca dell’immunità per il Popolare ungherese Péter Magyar, avversario di Orbán, e per la socialista ungherese Klára Dobrev. L’accordo tra i gruppi era di respingere le richieste per tutti, assegnando però a Salis soltanto una immunità parziale. In sostanza, l’eurodeputata potrebbe restare in Parlamento ma il processo contro di lei andrebbe avanti e potrebbe comunque finire in carcere. L’intesa è però saltata, nel momento in cui il relatore del Ppe Lázara ha presentato di richiesta di revoca totale dell’immunità.
Una “immunità che ho ottenuto grazie alla straordinaria mobilitazione popolare e al vostro voto – dice Salis su X – e che mi ha permesso di uscire da quel maledetto pozzo ungherese fatto di soprusi e umiliazioni, di tornare una donna libera e di poter lottare insieme a voi. Immunità, senza la quale, rischierei di finirci di nuovo, in quel maledetto pozzo”. Dopo il voto in Commissione Juri, il caso passa il plenaria a Strasburgo: se martedì si vota, l’esame in aula è previsto nella prima settimana di ottobre. “In quell’aula si giocherà il mio destino – aggiunge Salis – La partita è aperta. Spero vivamente che il Parlamento scelga di non piegarsi all’autoritarismo e ai nuovi nazionalismi aggressivi alla Orbán”.
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