Piacenza. La Consulta decapita gli avvocati: incandidabili 7 su 11
Elezioni per il Consiglio dell’Ordine, sentenza della Corte costituzionale impedisce di correre per il terzo mandato. Tra loro anche il presidente Mingardi: «Non molliamo, il rischio è di perdere relazioni importanti e il lavoro di questi anni»

La Corte costituzionale ha detto no al terzo mandato per i membri degli Ordini degli avvocati. E così, a Piacenza, su 11 membri del Consiglio provinciale ben sette sono diventati incadidabili, compreso il presidente Graziella Mingardi. Per lei, però, potrebbero arrivare un posto come membro del Consiglio nazionale forense, l’organismo di rappresentanza dell’avvocatura. Le elezioni per il rinnovo sono in programma il 16 e il 17 luglio e il giorno ultimo per presentare la propria candidatura è il 2 luglio. A risultare incandidabili sono: Mingardi, Franco Livera, Renato Caminati, Dario Mazzoni, Fabio Leggi. Ci sono, poi, Elena Baio (vice sindaco di Piacenza) e Lucia Fontana (sindaco di Castelsangiovanni), le quali avevano già fatto sapere di fare un passo indietro a causa dei loro impegni amministrativi. Sono, invece, ricandidadibili gli avvocati Giovanni Giuffrida (tesoriere), Giovanni Barbieri, Monica Capurri e Monica Magnelli. L’Ordine piacentino è in movimento per cercare di arrivare con nuovi candidati al giorno delle elezioni. «La sentenza della Consulta – ha spiegato Mingardi – del 18 giugno ha dichiarato che il terzo mandato non è legittimo». Due i problemi sui quali sono intervenuti i giudici di legittimità. Il primo era quello se fosse giusto limitare l’incarico a due mandati. Le toghe hanno detto di no perché l’Ordine degli avvocati non è un organo politico, ma rappresenta gli iscritti. Il divieto alla ricandidatura sarebbe stato interpretato come una limitazione all’autonomia di un organismo e all’elettorato attivo e passivo. Un altro motiva riguarda il principio di retroattività, cioè sarebbe valido anche il mandato con la vecchia legge. La Consulta, secondo Mingardi, avrebbe aggirato l’ostacolo sostenendo che la norma non è retroattiva (è uno dei principi dell’ordinamento giuridico, per cui non si può applicare una nuova legge a chi ha commesso un reato prima che la norma entrasse in vigore). Cioè, considera i requisiti che uno aveva per aver svolto un precedente mandato. «Ma in questo modo – scandisce Mingardi – si decapita la rappresentanza forense. C’è il rischio che vadano perduti contatti, relazioni con le istituzioni locali e nazionali, con associazioni e altri. Insomma, un lavoro di anni potrebbe essere incrinato». Mingardi non molla: «Avanti tutta. Le risorse sane e consapevoli non mancano nell’avvocatura piacentina e vanno ben oltre la mia incandidabilità. Il mio aiuto non verrà meno. Ringrazio tutte le associazioni piacentine che ci hanno sostenuto nella nostra battaglia».
Fonte. Il Piacenza
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