La toga smarrita
Il Consiglio Nazionale Forense dà la parola a Francesca Albanese, ma dimentica il contraddittorio: così la massima istituzione degli avvocati italiani si trasforma in megafono di una tesi unilaterale, scambiando l’attivismo per diritto.
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Il convegno del Cnf su Gaza si presenta come un’operazione culturale di alto profilo. In realtà, è un esercizio di propaganda. Invitare come ospite d’onore Francesca Albanese, relatrice speciale Onu e teorica del “genocidio palestinese”, senza un solo interlocutore che porti un punto di vista diverso, equivale a rinunciare alla cifra più essenziale dell’avvocatura: il contraddittorio. Non è un dettaglio, è un tradimento della propria funzione.
Albanese ha tutto il diritto di sostenere le sue tesi. Ma il problema è un altro: quando un’istituzione che dovrebbe incarnare la cultura giuridica abdica al rigore e si fa cassa di risonanza di una sola narrazione, non fa informazione né formazione, bensì militanza. Il diritto piegato a ideologia.
Il percorso della relatrice è stato rapido e fortunato: dal dottorato alla prestigiosa nomina Onu passando per un libro che denuncia Israele come Stato genocidario. Ma la sua ricostruzione storica è parziale e a tratti faziosa: la nascita di Israele ridotta a “pulizia etnica”, le guerre arabo-israeliane rimosse, i tentativi di pace cancellati. Non è scienza, è pamphlet.
E mentre gli studiosi seri di genocidio, come Flores e Bruneteau, richiamano alla necessità di prove di un piano deliberato e documentato, Albanese scivola nel terreno della metafora politica, trasformando l’accusa di genocidio in una categoria polemica buona per le piazze, non per le aule di diritto internazionale.
Il dramma palestinese è immenso, i crimini di Israele vanno perseguiti, nessuno lo nega. Ma un’istituzione come il Cnf non può prestarsi a una messinscena che spaccia un’analisi monca e ideologica per verità giuridica. Così si discredita il diritto, si scredita l’avvocatura e si tradisce il compito di chi dovrebbe insegnare a cercare la verità nelle pieghe del confronto.
Se l’Onu serve a maledire lo “Stato ebraico” invece che a costruire strumenti di pace, e se l’avvocatura italiana diventa la sua eco acritica, allora sì, la toga è davvero smarrita.
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