Anno: XXVI - Numero 173    
Martedì 9 Settembre 2025 ore 14:00
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La monocommittenza forense tra riforma e giurisprudenza

La delega legislativa apre alla collaborazione esclusiva negli studi legali, ma i margini di indeterminatezza rischiano di sovrapporsi alla subordinazione, con inevitabili tensioni rispetto ai principi costituzionali e all’orientamento consolidato della Cassazione.

La monocommittenza forense tra riforma e giurisprudenza

Con riferimento all’esercizio dell’attività professionale da parte di un avvocato in favore di un altro avvocato, di un’associazione tra avvocati, di una rete tra avvocati o multidisciplinare dotata di soggettività giuridica o di una società tra avvocati, a fronte di un compenso, prevedere, nel rispetto dei principi unionali in materia di lavoro, una disciplina organica della professione di avvocato resa in regime di monocommittenza oppure di collaborazione continuativa, entrambe da rendere senza carattere di subordinazione ed in condizione di esclusività, al fine di favorire l’accesso al mercato del lavoro da parte del singolo professionista con salvaguardia, nello svolgimento del rapporto, dell’autonomia, della libertà e dell’indipendenza intellettuale o di giudizio nonché del diritto a un compenso congruo e proporzionato alla quantità e alla qualità della prestazione d’opera professionale eseguita e, comunque, non inferiore ai parametri stabiliti in via regolamentare; 

Per la Corte di Cassazione sez .lav. ordinanza 4.11.2024, n.28274 la situazione è la seguente :

  1. Nei precedenti di legittimità che hanno affrontato il tema della qualificazione come autonoma o subordinata dell’attività resa da un professionista in uno studio professionale, si è affermato che “la sussistenza o meno della subordinazione deve essere verificata in relazione alla intensità della etero -organizzazione della prestazione, al fine di stabilire se l’organizzazione sia limitata al coordinamento dell’attività del professionista con quella dello studio, oppure ecceda le esigenze di coordinamento per dipendere direttamente e continuativamente dall’interesse dello stesso studio, responsabile nei confronti dei clienti di prestazioni assunte come proprie e non della sola assicurazione di prestazioni altrui” (Cass. n. 5389 del 1994; n. 9894 del 2005; n. 3594 del 2011; n. 22634 del 2019). In tali pronunce si è precisato che, trattandosi di prestazioni professionali che per loro natura non richiedono l’esercizio da parte del datore di lavoro di un potere gerarchico concretizzantesi in ordini specifici e nell’esercizio del potere disciplinare, non risultano significativi i criteri distintivi costituiti dall’esercizio dei poteri direttivo e disciplinare e che neppure possono considerarsi sintomatici del vincolo della subordinazione elementi come la fissazione di un orario per lo svolgimento della prestazione o eventuali controlli sull’adempimento della stessa, se non si traducono nell’espressione del potere conformativo sul contenuto della prestazione proprio del datore di lavoro. In particolare, la sentenza di questa Corte n. 3594 del 2011 ha confermato la decisione d’appello che aveva negato natura subordinata al rapporto di lavoro intercorso tra la ricorrente ed uno Studio Associato Legale Tributario, presso il quale aveva svolto attività di consulenza fiscale e revisione contabile, sul rilievo che “non si fosse in presenza di un potere del datore di lavoro di improntare “in termini vincolanti e continuativi” le modalità della prestazione lavorativa, quanto piuttosto di una organizzazione del lavoro finalizzata al mero coordinamento dell’attività del professionista con quella dello studio (…). L’incarico, quindi, veniva svolto in completa autonomia ed in assenza di indicazioni e direttive nonché controlli se non per il risultato della prestazione (…) mancando qualsiasi prova del fatto che la dott.ssa (…) dovesse attenersi ad indicazioni circa i criteri (si a pure di massima) per l’elaborazione della consulenza, parimenti è indimostrato che vi fosse una verifica, durante l’espletamento dell’incarico, sulle modalità di espletamento medesimo” (per una fattispecie analoga v. Cass. n. 9894 del 2005). In altri casi, è stato riconosciuto il vincolo della subordinazione dei professionisti in ragione dell’obbligo dei medesimi di attenersi ad una organizzazione, comprensiva di turni e ferie, unilateralmente predisposta da parte datoriale e ad essi imposta. La sentenza n. 10043 del 2004 ha giudicato esente da vizi la decisione di appello che aveva qualificato come rapporto di lavoro subordinato quello svolto da due medici all’interno di una clinica privata sulla base di indici quali il loro inserimento in turni predisposti dalla clinica, la sottoposizione a direttive circa lo svolgimento dell’attività, l’obbligo di rimettersi alla pianificazione dell’amministrazione in ordine alla fruizione delle ferie. Più recentemente, l’ordinanza n. 26558 del 2024 ha confermato la natura subordinata del lavoro svolto da due medici veterinari presso un ambulatorio essendo le loro “prestazioni (…) inserite in una organizzazione etero decisa ed etero diretta, funzionali a una continuità di servizio: i professionisti mettevano a disposizione del (titolare dell’ambulatorio) l’attività lavorativa secondo le disposizioni organizzative di quest’ultimo (…) erano inseriti nell’organizzazione aziendale unilateralmente decisa e gestita dal (predetto), in maniera da garantire la (loro) presenza nelle giornate e negli orari e secondo i turni di reperibilità dallo stesso stabiliti”. Si è valorizzata, in quest’ultima pronuncia, ai fini dell’art. 2094 cod. civ., la “predisposizione unilaterale dell’organizzazione e delle esigenze dello studio veterinario in funzione delle quali è acquisita la disponibilità del tempo e delle prestazioni dei medici veterinari” (v. anche Cass. n. 22634 del 2019, che ha confermato la natura subordinata del lavoro svolto all’interno di uno studio legale da persona priva del titolo di avvocato).

La delega a me sembra molto vaga sul modo in cui l’attività dell’avvocato in monocommittenza dovrà essere  inserita e regolata all’interno dello studio legale, ed eventualmente sottoposta a controlli, prescrizioni, limiti o direttive tali da surclassare le strette necessità di coordinamento, concedendo quindi molta autonomia al Governo nella determinazione dei dettagli.

Dovranno , infatti ,  essere declinate le regole organizzative dello studio, l’obbligo di esclusiva ,il rapporto con i clienti, l’utilizzo degli strumenti informatici, delle risorse umane e materiali dello studio, la previsione di un compenso fisso, l’impegno temporale richiesto al monocommittente, regolamento delle ferie e gli eventuali controlli sullo stesso.

Si dovranno valutare con la massima attenzione tutti questi elementi per non sottrarre arbitrariamente taluni rapporti di lavoro subordinato alla sfera delle norme inderogabili, espressione di principi costituzionali, che alla subordinazione si accompagna (Corte Costituzionale sentenza n. 78/2015 ).

La strada mi pare  ancora molto lunga e irta di difficoltà.

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