Fine vita, 8 avvocati su 10 chiedono una legge chiara.
Indagine Ipsos commissionata dal Consiglio Nazionale Forense.
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Il 77% degli avvocati italiani tra i 25 e i 44 anni sostiene l’introduzione di una legge sul fine vita e si dichiara favorevole ad ampliare l’attuale platea di persone che possono accedervi, secondo i requisiti stabiliti dalla Corte Costituzionale, e a semplificare le procedure previste. Il 31% degli intervistati si dice d’accordo ad aprire anche all’ipotesi di eutanasia attiva.
I dati emergono da un’indagine Ipsos, commissionata a marzo dal Consiglio Nazionale Forense, che ha coinvolto un campione di 5.500 avvocati, per analizzare l’orientamento della categoria su un tema di crescente rilevanza nel dibattito etico, giuridico e civile del Paese.
“La voce degli avvocati è chiara: serve una legge sul fine vita che tuteli la libertà e la dignità della persona, senza ambiguità né zone grigie. Ora che il Parlamento sta discutendo il testo, è il momento di decidere con coraggio e responsabilità”, afferma il presidente del Cnf, Francesco Greco.
Sei avvocati intervistati su dieci (62%) si dichiarano favorevoli al diritto di ogni individuo di scegliere le proprie cure di fine vita, inclusa l’eutanasia. Tra gli under 45, la percentuale sale oltre il 70%. Il consenso complessivo arriva all’82% se si includono coloro che sono favorevoli solo in casi molto specifici e controllati. Tra gli avvocati con più di 74 anni, questa posizione è condivisa dal 28%. Solo il 12% degli intervistati si oppone per motivi etici o religiosi, mentre il 5% è indeciso.
Sul fronte del testamento biologico, sette intervistati su dieci, soprattutto nella fascia d’età 25-34 anni, lo considerano uno strumento fondamentale per esprimere le proprie volontà sui trattamenti medici in caso di incapacità. La percentuale sale a nove su dieci includendo anche chi si dichiara favorevole ma con alcune riserve. A livello personale, uno su due, specialmente tra i più giovani, è favorevole a soluzioni come il suicidio assistito o l’eutanasia attiva qualora un familiare soffra di una malattia incurabile. I contrari sono il 12%.
Sei avvocati su dieci riconoscono il proprio ruolo cruciale nel supportare i clienti in decisioni così delicate, garantendo piena consapevolezza delle implicazioni legali e la tutela dei diritti in ogni fase, con informazioni giuridiche complete e aggiornate nel rispetto delle volontà.
La complessità e delicatezza delle situazioni da gestire, anche in presenza di dissenso tra cliente e familiari, rappresenta la principale sfida secondo sette intervistati su dieci. Inoltre, per quattro su dieci, la normativa in continua evoluzione ne complica l’interpretazione e l’applicazione. Circa un terzo degli intervistati sottolinea che ciò ha ricadute sulla responsabilità professionale dell’avvocato, rendendo necessario un aggiornamento costante.
Guardando all’estero, il 31% degli avvocati indica come modelli più efficaci quelli di Paesi Bassi e Belgio, dove eutanasia attiva e suicidio assistito sono regolamentati per maggiorenni capaci di intendere e volere, affetti da malattie incurabili che causano sofferenze insopportabili.
Ufficio Stampa Cnf
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