Carriere separate per gli avvocati. L’idea delle toghe.
Nel testo approvato all’Assemblea generale di Cassazione c’è anche la proposta di separare chi patrocina il merito e chi difende davanti alla Cassazione.

Se si separano giudice e pubblico ministero, allora è lecito pensare un qualche tipo di distinguo anche tra gli avvocati. È questa ipotesi che sta agitando i legali, tanto più che non viene da un pulpito qualsiasi ma dall’Assemblea generale di Cassazione. Evento più unico che raro è stato organizzato dalla Prima presidente Margherita Cassano il 19 giugno, all’indomani dell’approdo in Senato della riforma costituzionale della separazione delle carriere.
Formalmente si è trattato di un evento per far riflettere la magistratura di legittimità sulla funzione nomofilattica della Suprema corte davanti alle massime cariche dello Stato, Presidente della Repubblica in prima fila. In controluce, però, sono emersi tutti i riferimenti ai rischi della riforma in corso e un invito a ritrovare il dialogo tra poteri.
La proposta
Tra questi, nel documento finale nella parte in cui si indicano le necessità su cui richiamare l’attenzione del parlamento e del Governo, si legge al punto 9: «Introdurre una nuova disciplina delle modalità di accesso all’albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori. Una opportuna innovazione potrebbe riguardare la separazione categoriale tra gli avvocati legittimati a difendere nei giudizi di merito e quelli che scelgano di esercitare la professione nel solo giudizio di legittimità, ove sono richieste una preparazione tecnica ed una esperienza particolari, in rapporto alla specificità del giudizio di cassazione acritica vincolata».
In altre parole, la proposta della magistratura di cassazione è di dividere gli avvocati tra chi patrocina solo in primo grado e in appello e chi in cassazione. La logica è che i primi due gradi riguardano il merito, il terzo invece si concentra solo sulla corretta applicazione della legge.
Attualmente convivono due sistemi: l’avvocato accede all’albo speciale dei cassazionisti dopo otto anni di esercizio effettivo della professione, la frequenza ad un corso di formazione e il superamento di un esame finale. Grazie a ben tredici proroghe votate in parlamento, però, chi matura i 12 anni di iscrizione all’albo degli avvocati entro il 2 febbraio 2026 può ancora diventare cassazionista con il solo requisito dell’anzianità.
Un riferimento a cui la Cassazione potrebbe essersi rifatta per la proposta – pur con le dovute differenze tra sistema di common law e di civil law – sarebbe quello con i sollicitor e barrister nel Regno Unito. «La riserva a proporre ricorso per cassazione e a rappresentare la parte nel giudizio di legittimità creerebbe un corpo di difensori altamente specializzati, idonei, per le loro specifiche e accertate competenze, a migliorare il livello qualitativo dei ricorsi proposti e ad assicurare l’effettività delle tutele», si legge come motivazione nel documento di cassazione.
Giustizia
Le reazioni
Il documento è girato di mail in mail tra avvocatura associata e istituzionale, provocando contrarietà con due obiezioni principali: l’avvocato è un professionista privato e dunque la sua carriera si delinea diversamente rispetto a quella della magistratura: per abilitazione e non per concorso.
La proposta della Cassazione sarebbe un «attacco all’avvocatura per aver osato insistere sulla loro separazione delle carriere», è la riflessione che circola tra gli avvocati, soprattutto penalisti. Una visione, questa, allontanata dal Consiglio nazionale forense. «Spero e credo che così non sia – è il commento del presidente, Francesco Greco – vista anche l’alta sede istituzionale da cui proviene il documento». Greco si è detto «favorevole a prevedere che solo l’avvocato che abbia seguito un percorso qualificante e superato un esame possa essere abilitato al patrocinio in Cassazione, smettendo con le proroghe sull’anzianità», invece «contrario alla creazione di un albo separato sulla falsariga del sistema britannico».
Anche dalla Cassazione arriva un segnale di abbassamento dei toni. L’auspicio è quello di rafforzare il percorso per patrocinare davanti alla Suprema corte – viene spiegato – visto che si tratta di un giudizio altamente tecnico e oggi oltre il 40 per cento dei ricorsi nel penale finiscono in Settima sezione, che valuta l’inammissibilità. Una ipotesi, dunque, nata quindi nell’ottica di migliorare la qualità complessiva del giudizio di cassazione, non per attaccare i legali.
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