La sicurezza sul lavoro in Italia: dati, tendenze e sfide per imprese e professionisti
La sicurezza sul lavoro in Italia resta un’emergenza persistente.
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Un tema ancora centrale per le imprese italiane
Nonostante gli sforzi degli ultimi anni, la sicurezza sul lavoro in Italia resta un’emergenza persistente. Nei primi nove mesi del 2025 si sono registrate 784 vittime sul lavoro: 575 in “occasione di lavoro” e 209 in “itinere” (durante il tragitto casa-lavoro).
Una cifra in aumento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (+8 vittime).
La distribuzione territoriale rivela gravi squilibri: la media nazionale è di circa 24 morti ogni milione di occupati. Nelle regioni Basilicata, Puglia, Campania, Sicilia e Umbria si registra un’incidenza superiore del 25% rispetto a questa media.
Per quanto riguarda i settori più colpiti: il comparto delle costruzioni guida con 99 decessi, seguito da manifatturiero (83), trasporti e magazzinaggio (71) e commercio (54).
Questi numeri mostrano che, nonostante la crescente sensibilizzazione al tema, molte imprese — soprattutto PMI — continuano a operare in contesti dove la prevenzione è insufficiente. Nel panorama 2025 emergono inoltre nuove criticità legate al lavoro agile, ai contratti “atipici” e alla crescente diffusione della digitalizzazione, che introducono rischi meno visibili e spesso sottovalutati (ergonomia, stress da smart working, isolamento). Un dato su tutti: la Lombardia risulta la regione con il maggior numero assoluto di morti in occasione di lavoro (73 nei primi nove mesi) – segno che anche le aree più industrializzate non sono esenti dal problema.
In questo scenario, per le imprese e i professionisti della sicurezza la sfida è chiara: trasformare la formazione obbligatoria in una leva strategica e diffondere una cultura della prevenzione che agisca su processi, responsabilità e strumenti nuovi.
I numeri della sicurezza: infortuni e tendenze
La tendenza è duplice: da un lato le grandi aziende mostrano un miglioramento grazie a investimenti in formazione e sistemi di gestione, dall’altro molte PMI faticano a rispettare pienamente gli obblighi previsti dal D.Lgs. 81/08.
Le cause principali restano le stesse: cadute dall’alto, incidenti stradali in itinere, schiacciamenti da macchinari, ma crescono anche i rischi psicosociali, come lo stress lavoro-correlato e la fatica digitale. L’aumento dello smart working e del lavoro ibrido ha infatti introdotto nuove forme di rischio difficili da monitorare, legate a ergonomia, isolamento e connessione continua.
Un altro elemento significativo è la diversa incidenza territoriale: Nord e Centro mostrano una maggiore attenzione ai protocolli di sicurezza, mentre nel Sud persistono lacune nella formazione e nella sorveglianza, complici anche risorse più limitate e minore cultura della prevenzione.
Le principali criticità per le imprese italiane
Per le aziende italiane, soprattutto di piccole dimensioni, la sicurezza sul lavoro rappresenta ancora un percorso complesso.
Le principali criticità sono:
- Burocrazia e frammentazione normativa: il Testo Unico (D.Lgs. 81/08) e i suoi aggiornamenti richiedono interpretazioni tecniche spesso non immediate.
- Mancanza di formazione adeguata: molti datori di lavoro non sono pienamente consapevoli dei corsi obbligatori per ciascun ruolo aziendale.
- Scarso aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR): in particolare nei settori artigianali e nei servizi.
- Difficoltà nel reperire figure qualificate: come RSPP (Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione) e formatori certificati.
A tutto ciò si aggiunge una percezione ancora diffusa che la sicurezza sia un costo e non un investimento. Un errore di prospettiva che penalizza le aziende non solo dal punto di vista legale, ma anche economico, perché gli infortuni generano costi diretti e indiretti molto più elevati rispetto a una corretta gestione preventiva
Formazione e prevenzione: la chiave per ridurre gli incidenti
In ogni ambito produttivo, la formazione rappresenta la prima e più efficace misura di prevenzione.
Ogni datore di lavoro è tenuto a garantire corsi di sicurezza specifici per lavoratori, dirigenti, preposti e per sé stesso, oltre agli aggiornamenti periodici previsti dalla normativa.
Una formazione efficace non deve limitarsi a lezioni frontali, ma coinvolgere concretamente i partecipanti, simulare situazioni reali, aggiornarsi con casi recenti e nuove tecnologie. Le aziende che investono in questo approccio vedono diminuire in modo tangibile gli infortuni e aumentare la consapevolezza dei propri dipendenti.
Per un quadro completo dei corsi obbligatori e delle modalità di aggiornamento, è utile consultare la guida sulla formazione in materia di sicurezza sul lavoro, che illustra in modo chiaro ruoli, tempistiche e responsabilità aziendali.
La formazione, quindi, non è solo un adempimento: è un pilastro della cultura aziendale. Un dipendente formato conosce i rischi, li riconosce in tempo e interviene in modo appropriato.
Cultura della sicurezza: oltre la normativa
La vera evoluzione avviene quando la sicurezza diventa parte integrante del modo di lavorare.
Molte aziende italiane stanno adottando modelli di safety culture, in cui ogni collaboratore è responsabile — anche moralmente — della sicurezza propria e altrui.
Questo approccio si basa su tre pilastri:
- Leadership e esempio: il management deve essere il primo a rispettare e promuovere le regole.
- Comunicazione interna: poster, incontri periodici, canali digitali dedicati alla sicurezza.
- Coinvolgimento attivo dei lavoratori: segnalazione dei quasi incidenti, raccolta feedback, miglioramento continuo.
Le imprese che hanno investito su questi aspetti registrano non solo meno infortuni, ma anche una maggiore produttività e reputazione. La sicurezza, infatti, è oggi anche un fattore competitivo, richiesto nei bandi pubblici e nei contratti di appalto.
Le nuove frontiere della sicurezza: digitale, smart working e intelligenza artificiale
L’evoluzione tecnologica sta cambiando profondamente il concetto di sicurezza.
La diffusione del lavoro agile e delle piattaforme digitali ha introdotto rischi inediti: cybersecurity, stress digitale, ergonomia domestica, connessione costante. Tutti aspetti che richiedono aggiornamenti del DVR e formazione mirata.
Parallelamente, la tecnologia offre anche nuove soluzioni:
- dispositivi wearable per monitorare postura o fatica;
- sistemi IoT per il controllo in tempo reale delle condizioni ambientali;
- piattaforme e-learning e realtà virtuale per la formazione immersiva;
- intelligenza artificiale per l’analisi predittiva dei rischi.
Il 2025 segna quindi una fase di transizione verso una sicurezza intelligente, in cui la prevenzione passa anche dalla digitalizzazione dei processi aziendali.
Conclusione: un percorso ancora lungo ma necessario
I dati del 2025 ci ricordano che la sicurezza sul lavoro non è un traguardo, ma un percorso continuo.
Ogni impresa — piccola o grande — è chiamata a fare la propria parte, promuovendo una cultura condivisa della prevenzione e investendo nella formazione.
Le normative italiane, pur complesse, offrono oggi strumenti chiari per tutelare lavoratori e aziende. Ma la differenza la fa la volontà di applicarle con serietà e lungimiranza.
In un contesto economico sempre più competitivo, la sicurezza non è un costo, ma una garanzia di sostenibilità e reputazione per il futuro.
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