Anno: XXVI - Numero 156    
Venerdì 8 Agosto 2025 ore 14:40
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Una sinistra con ambizioni di governo se chiede il rinvio di Italia-Israele è fottuta

L'ex senatore Pd Stefano Esposito risponde alla richiesta di Mauro Berruto che ha chiesto "di non giocare" la partita del 14 ottobre: "Un testacoda impressionante: a difendere Israele ora è la destra" “Sono arrivati a chiedere di vietare una partita di calcio, Italia-Israele.

Una sinistra con ambizioni di governo se chiede il rinvio di Italia-Israele è fottuta

È la dimostrazione che la questione israelo-palestinese è ormai diventata l’oggetto di una logica da stadio, uno scontro tra tifoserie. Ma la politica non è nata per alimentare eventi emozionali o per sfruttarli a fini elettorali. Tanto meno lo può fare una sinistra con ambizioni di governo: se siamo arrivati a questo, diciamocelo chiaro e tondo ‘siamo fottuti’”. Stefano Esposito, già deputato e senatore del Pd, invita il suo ex partito a cambiare rotta.  

L’antefatto. “Quella partita non si deve giocare”, dice Mauro Berruto, responsabile sport della segreteria di Elly Schlein. Secondo lui Italia-Israele, partita valida per le qualificazioni ai Mondiali di calcio del 2026, in programma il 14 ottobre al Friuli di Udine, non si deve disputare “per responsabilità che sono evidenti”, dice Berruto che fa un paragone con la Russia di Putin: “Alcuni atleti russi partecipano individualmente a manifestazioni dove la precondizione è che non abbiano apertamente appoggiato le politiche di Putin. Ma nel mondo dello sport israeliano sono tantissime le manifestazioni esplicite di appoggio alle politiche di Netanyahu”.

Esposito, perché, invece, Italia-Israele si deve tenere?

Il calcio, e lo sport in generale, sono forme culturali in cui noi esorcizziamo il conflitto. Sono spazi di pace per definizione perché nascono per affermare valori che la guerra nega in partenza. Il conflitto dello sport è iscritto in una logica di convivenza, di confronto. Tu puoi perdere una partita, ma alla fine ci si stringe la mano. Per questo bisognerebbe tenerli al riparo dalle strumentalizzazioni.

Berruto dice che la Russia è stata buttata fuori dalle competizioni internazionali.

Vorrei sapere in premessa se Berruto parla a nome del partito, se la sua posizione impegna i gruppi parlamentari. Il paragone con la Russia è improprio. Putin ha invaso un Paese sovrano, ha fatto qualcosa che in epoca moderna ha fatto solo Hitler. Io però non capisco una cosa: il Pd vuole la Russia fuori dallo sport, però poi si allea con Conte che dalla Russia vorrebbe comprare il gas. E ancora: la Russia attacca l’Ucraina con droni che compra dall’Iran. L’Iran impicca i dissidenti e perseguita le donne. Però nessuno si lamenta che partecipi agli eventi sportivi. Se ci si affida alle emozioni, si finisce per cadere in contraddizione…

Evidentemente, dietro al fatto sportivo c’è il modo in cui i partiti tematizzano la politica estera.

Confesso: mi mancano Andreotti, Craxi, il primo D’Alema. Nel senso che lì c’era l’ambizione di comprendere i fenomeni per guidare le azioni degli stati. Oggi la politica estera è diventata strumento della propaganda spicciola. Una tendenza che ha contagiato anche il Pd: sta assecondando il populismo dei social che è il terreno su cui il Movimento Cinque stelle coltiva il suo consenso. Probabilmente il Pd lo fa perché ha l’illusione di lucrare mezzo punto nei sondaggi. Ma è un approccio che non rende. La politica non può rinunciare a comprendere i fenomeni, anche rischiando l’impopolarità. Il Pd invece copia i M5s, ma gli elettori alla fine preferiscono l’originale”.  

Calcio e politica estera: il Pd dove finisce in fuori gioco?

C’è un modo di leggere il conflitto israelo-palestinese che salta a piè pari il 7 ottobre e il ruolo di Hamas in quei fatti e nel futuro della Palestina. Voglio essere chiaro: ho un dissenso profondo da quello che fa il governo Netanyahu, anzi mi fa schifo. Ma questo non mi impedisce di mantenere lucidità. Israele è una democrazia, il popolo israeliano andrà alle elezioni, e se lo riterrà sostituirà Netanyahu con un altro premier. Dopo di che noi, a livello internazionale, abbiamo il dovere di sostenere un quadro che porti a due Stati per due popoli, con la precondizione ineliminabile per cui nello Stato di Palestina non ci deve essere Hamas. Lo dice la Lega Araba. Hamas consegni le armi, sia cacciato. Va sostenuta l’autorità nazionale. Molta politica Pro Pal e anche una parte del Pd questo passaggio non l’ha tematizzato bene e lo stesso ha fatto con il 7 ottobre.

Con Hamas a Gaza non ci potranno essere due popoli e due stati?

Assolutamente no. Hamas non riconosce Israele e si prefigge di cancellarlo. Motivo per cui anche i riconoscimenti annunciati – da ultimo da parte di Starmer e Macron – finiranno per essere dichiarazioni di principio. I leader di Hamas dichiarano di voler compiere “altri 10, 100, 1000 sette ottobre”.

Lei vede montare un nuovo antisemitismo?

C’è anche chi a sinistra non vede l’ora di poter dire a Israele ‘siete anche voi colpevoli di genocidio’. Israele è identificato come il Paese che è stato nel dopoguerra l’avamposto in Medio Oriente degli Stati Uniti. A qualcuno non è parso vero di poter urlare, dopo 80 anni, quanto gli fanno schifo gli ebrei. Sì, c’è anche un rigurgito antiebraico. Per la sinistra è un testacoda impressionante: a difendere Israele ora è la destra.

Nel Pd quanti le darebbero ragione?

Molti elettori la pensano come me. Ma come si è visto sul caso di Matteo Ricci, la deriva ad inseguire il M5s da parte dell’attuale segreteria trova conferme ogni giorno di più. Evidentemente i dirigenti del partito credono che i voti di questi elettori se li ritroveranno comunque nell’urna, perché varrà la logica del rosso e nero, piuttosto che votare Meloni voto Schlein. Ma è un rischio che non correrei, come dimostra l’astensione crescente. Tra gli eletti, invece, tanti non parlano perché la legge elettorale mette nelle mani della segretaria le candidature.

Ora che cosa si aspetta?

Continuerà la deriva demagogica. Faranno appello alla nostra Nazionale perché non scenda in campo il 14 ottobre. È una logica del ‘più uno’ dove i partiti competono a colpi di trovate populiste. 

di  Alfonso Raimo su HuffPost

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