Uso scorretto dell’Intelligenza artificiale in ambito forense
La cronaca lombarda ha dato grande risalto ad una sentenza molto recente del Tar Lombardia, sede di Milano, in materia di intelligenza artificiale.
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Si è appreso che un avvocato dell’Ordine di Milano ha ammesso, in sede di trattazione orale, davanti ai giudici del Tar al quale aveva presentato ricorso in nome e per conto di una giovane cliente (studentessa di liceo bocciata) di aver utilizzato una app di intelligenza artificiale per preparare il ricorso, citando sentenze non pertinenti e riferibili a orientamenti di giurisprudenza non noti.
Il ricorso riguarda come già detto la bocciatura di una studentessa delle scuole superiori e l’aspetto maggiormente rilevante emerge nella parte finale della sentenza; i giudici hanno disposto, oltre al rigetto del ricorso, la trasmissione della sentenza all’ Ordine degli avvocati di Milano per le valutazioni disciplinari di competenza.
Il Tar (sentenza n.3348/2025) ha ritenuto che “<<tutte le sentenze citate a sostegno dell’affermazione dell’illegittimità dei provvedimenti impugnati richiamino estremi di pronunce non pertinenti e le massime indicate in molti casi sono riferibili ad orientamenti giurisprudenziali non noti. Tale condotta – ha proseguito il Collegio giudicante -costituisce una violazione del dovere del difensore di comportarsi in giudizio con lealtà e probità, in quanto introduce elementi potenzialmente idonei ad influenzare il contraddittorio processuale e la fase decisoria verso un percorso non corretto, e perché rende inutilmente gravosa, da parte del giudice e delle controparti, l’attività di controllo della giurisprudenza citata e dei principi dalla stessa affermati. In sede di trattazione orale, alla richiesta di chiarimenti, il difensore di parte ricorrente con dichiarazione resa a verbale, ha affermato di aver citato in ricorso giurisprudenza reperita mediante strumenti di ricerca basati sull’intelligenza artificiale che hanno generato risultati errati.
Il Collegio ha ritenuto trattarsi di una circostanza alla quale non può riconoscersi una valenza esimente in quanto la sottoscrizione degli atti processuali ha la funzione di attribuire la responsabilità degli esiti degli scritti difensivi al sottoscrittore indipendentemente dalla circostanza che questi li abbia redatti personalmente o avvalendosi dell’ attività di propri collaboratori o strumenti di intelligenza artificiale , Inoltre il difensore, in osservanza del principio della centralità della persona ( come statuito dalla Carta dei principi per un uso consapevole dell’ IA in ambito forense) ha un onere di verifica e controllo dell’ esito delle ricerche effettuate con i sistemi di intelligenza artificiale , possibile fonte di risultati errati comunemente qualificati come allucinazioni da intelligenze artificiali che si verificano quando tali sistemi inventano risultati inesistenti ma apparentemente coerenti con il tema trattato.”>>.
Si erano già verificati casi di avvocati molto disinvolti nell’ uso non sorvegliato dell’intelligenza artificiale ma erano stati sanzionati con condanna della parte ex art.96, comma 3 cpc.
Nel caso in esame Il Tar ha statuito in maniera diversa ed ha posto l’attenzione sulla condotta del difensore (e non della parte) che ha posto in essere la condotta.
Il TAR ha affrontato con molta chiarezza un tema di grande attualità che è quello dell’uso incontrollato dell’intelligenza artificiale nella redazione degli atti processuali e le conseguenze per l’avvocato che li redige richiamando in proposito il principio della centralità della decisione umana che impone a chi utilizza tali sistemi di non recepire automaticamente i risultati ottenuti ma di verificare tali esiti che possono produrre come si è visto allucinazioni di intelligenze artificiali.
di Luisa Motolese (già Presidente di Sezione della Corte dei conti)
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