Recessione globale, borse giù e le Casse di previdenza?
Propongo un brusco ritorno alla realtà. L’ascensore sociale si è rotto e le professioni medie stanno pagando un prezzo altissimo come risulta dalle richieste di accesso, per il mese di marzo 2020, ai 600 euro erogati dallo Stato

Scrive la sociologa Chiara Saraceno:
«Oggi è mutata la stratificazione sociale e si è modificato il sistema dei mestieri. In passato, negli anni Sessanta e Settanta, i figli dei contadini diventavano operai e impiegati. Adesso i cambiamenti sono più frammentati e polarizzanti. Ci troviamo di fronte a due categorie: professioni ad altissima specializzazione e altre a bassa. Stanno sparendo quelle intermedie. In questo quadro ciò che non è cambiato è il peso dell’origine sociale. In una situazione in cui le chance sono minori e i rischi di polarizzazione sono molto ampi conta la provenienza familiare. Non è vero che tutti i giovani sono svantaggiati. Quello che è successo è che si sono ampliate le disuguaglianze tra i ragazzi. Andare all’estero, poter fare un Master in più: tutto ciò dipende dalla famiglia d’origine. Non sto parlando di raccomandazioni, ma delle conoscenze a cui si può accedere». La rottura dell’ascensore sociale con la crisi reddituale diffusa a brevissimo metterà in crisi le Casse di previdenza dei professionisti. Se, come ha accertato in questi giorni la Banca d’Italia, le banche italiane hanno perso il 40% del loro valore, le Casse di previdenza che detengono, magari immobilizzati, molti titoli bancari, non andranno esenti da questa diminuzione di valore, aggravata anche dai molti titoli ILLIQUIDI detenuti, che si dilaterà ulteriormente dal minor introito sia della contribuzione che dei rendimenti del patrimonio. Come scrivo, inascoltato, da molte lune, credo che, quivi giunti, le opzioni siano soltanto due:
- a) ritorno rapido nell’INPS consegnando l’intero patrimonio allo Stato approfittando del grande bisogno di liquidità fresca;
- b) dar vita ad un’unica Cassa di previdenza e assistenza per tutti i professionisti italiani prestando allo Stato l’intero patrimonio (attraverso l’acquisto di un BTP cinquantennale) con l’impegno, da parte dello Stato, di garantirlo e di remunerarlo con il tasso richiesto dal bilancio tecnico al fine di garantire la sostenibilità di legge.
Sarebbe una scelta lungimirante e nell’esclusivo interesse degli iscritti ma ovviamente si pone in evidente contrasto con i privilegi di pochi.
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