Quelle fucilazioni a Gaza, all’inizio della tregua
Immagino che non avrà destato stupore solo in me leggere che nella Striscia di Gaza, fin dall’inizio della tregua, le funzioni di polizia sarebbero state assegnate ad Hamas, non mi è chiaro il nome di quale autorità.
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E subito abbiamo assistito alla prima “operazione”: una decina di persone sono state collocate in ginocchio e fucilate alla schiena. Le televisioni hanno sostenuto che “probabilmente” i fucilati, senza che nessun tribunale ne avesse accertato le responsabilità, erano persone che avevano collaborato con gli israeliani.
C’era da attendersi la vendetta di Hamas su collaborazionisti veri o presunti, al solo scopo di punire i “traditori”, magari perché rimasti neutrali, ma anche soprattutto di far capire agli abitanti della Striscia che loro continuano a comandare, che non se ne sarebbero andati, che continueranno ad applicare la loro legge. Un pericolo evidente per la “tregua”, anche perché un incidente con le truppe israeliane è sempre possibile, una raffica andata oltre l’obiettivo, una richiesta di aiuto da parte del personale addetto alla distribuzione del cibo e dei medicinali, è una scintilla che può riattivare da un momento all’altro il fuoco che cova sotto le ceneri. Anche perché americani e israeliani sembrano siano impegnati al disarmo di Hamas se non consegnerà spontaneamente le armi. Che, si legge oggi su alcuni giornali continuano ad essere forniti all’organizzazione terroristica.
Infine, quella fucilazione dice anche un’altra cosa, che i terroristi di Hamas effettivamente si facevano scudo della popolazione di Gaza, in qualche modo convalidando la tesi del governo israeliano. È una polveriera lì sotto gli occhi di tutti in un’area geografica che, se vivesse in pace, darebbe prosperità a tutto un popolo. Se fosse, ad esempio, attuata quell’area di carattere turistico che qualcuno ha immaginato, credo che tantissima gente sarebbe impegnata nelle attività alberghiere, ristorazione e turistiche, di gestione dei servizi. Sembra proprio che ci sia “qualcuno” che non desidera che in Medio Oriente ci sia pace.
Per cui appare importante riflettere insieme a Federico Rampini, che ne ha detto su Tik Tok, a proposito di quanto dichiarato dal Capo militare di Hamas, Yahya Sinwar ,“tra i principali responsabili del terribile massacro di civili il quale ha detto che la strage di civili palestinesi non è una tragedia evitabile e da evitare. No ha detto che è un sacrificio necessario, che dà onore e gloria alla sua causa, cioè al suo obiettivo politico, che è la distruzione finale dello Stato d’Israele. Queste sono parole da soppesare, da discutere nei campus universitari dove si manifesta per la causa palestinese, tra gli eletti all’europarlamento che sono stati votati sulla base di una piattaforma pro-Palestina. Dovrebbe riflettere su queste parole del Capo militare di Hamas il governo del Sudafrica che ha trascinato Israele davanti alla Corte internazionale con l’accusa di genocidio”.
Eppure abbiamo il dovere morale di credere che la pace sia possibile.
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