Il rapporto Education 2025 e la stampa italiana
L’Italia fanalino di coda Ocse.
In evidenza

La rivista OrizzonteScuola.it si concentra sul tema della remunerazione dei docenti: Stipendi docenti, l’Italia fanalino di coda Ocse, diminuiti del 4,4% in 10 anni e inferiori del 33% rispetto a quelli dei lavoratori a tempo pieno con una laurea. I dati;
Il Sole 24 Ore analizza il tema della comprensione del testo: “Education at a glance 2025”/2 Italiani sotto la media, 1 su 3 capisce solo testi brevi
Il Corriere della Sera fornisce, invece, una lettura del problema del basso numero di laureati nel nostro Paese, nonché sul tema della comprensione dei testi: Education at a glance 2025: Rapporto choc: Italia ultima per numero di giovani laureati. E uno su sei capisce solo testi semplici (e corti)
Il Sole 24 Ore ha analizzato altresì la percentuale, nel nostro Paese, di quanti scelgono Corsi di Laurea STEM: «Education at a glance 2025» Ocse: in Italia solo il 21% degli studenti consegue una laurea triennale Stem
Il quotidiano della Cei Avvenire si focalizza sulla comprensione dei testi: Istruzione. Un italiano su tre comprende solo testi molto brevi.
Ieri ho trattato il tema della MONOCOMMITTENZA NELLA PROFESSIONE FORENSE evidenziando come la legge delega sia molto vuota di contenuti delegando al Governo, con i decreti delegati, una discrezionalità, a mio giudizio, eccessiva.
Questo alla luce delle sentenze della Corte Costituzionale in materia per la quale ” Va premessa l’evidente considerazione che, in materia di delega legislativa, quanto più i principi ed i criteri direttivi impartiti dal legislatore delegante sono analitici e dettagliati, tanto più ridotti risultano i margini di discrezionalità lasciati al legislatore delegato e viceversa. In proposito costituisce costante orientamento di questa Corte quello secondo cui, per valutare di volta in volta se il legislatore delegato abbia ecceduto i più o meno ampi margini di scelta, occorre soprattutto individuare la ratio della delega, cioè le ragioni e le finalità che, nel complesso dei criteri direttivi impartiti, hanno ispirato il legislatore delegante, e verificare poi se la norma delegata sia ad esse rispondente (cfr., tra le tante, sentenze nn. 355 e 237 del 1993, n. 4 del 1992, ordinanza n. 21 del 1988).(Corte Cost. 126/2000).
Se questo è vero l’auspicio è che il Parlamento implementi la legge delega con principi e criteri direttivi analitici e dettagliati, senza rinunciare alla propria prerogativa di cui all’art. 76 della carta costituzionale.
Cassa Forense con la Fondazione Luigi Einaudi ha commissionato uno studio sulla monocommittenza tra gli avvocati di 56 pagine ricche di dati e tavole del quale riporto solo le conclusioni:
“In conclusione, occorre rilevare preliminarmente che, con i dati attualmente in possesso, non è possibile determinare con sufficiente grado di certezza la platea dei soggetti che possano ricondursi alla nozione di monocommittente, come individuata in premessa. I numeri relativi ai professionisti che hanno indicato una percentuale di reddito proveniente da altri avvocati pari a 90% o superiore, infatti, non circoscrivono sufficientemente la platea, nella misura in cui, da un lato, in questo novero potrebbero essere ricompresi professionisti che percepiscano tale reddito da più avvocati e, dall’altro, in questo insieme non sarebbero invece inclusi coloro che prestino attività in regime di monocommittenza da soggetti diversi da un avvocato. Anche i dati ISTAT sui committenti non forniscono un quadro aggiornato e affidabile sul fenomeno, essendo gli stessi risalenti al 2007 e non essendo state all’epoca ancora rilevate le Società tra Avvocati. Allo stesso modo le indicazioni fornite da ASLA, le quali offrono comunque una prospettazione circa i monocommittenti che prestino la propria attività in favore degli studi associati a tale realtà, non permettono di inferire compiutamente da tale dato parziale il numero totale dei monocommittenti. Da ultimo anche i dati estratti dal rilievo sui redditi professionali senza spese e dai professionisti a regime forfettario sembrano offrire una stima parziale del fenomeno, specie se lo si confronta con gli altri campioni da cui diverge in modo troppo significativo quanto all’età ed alla distribuzione dei redditi. Il complesso di questi dati, tuttavia, offre diverse angolazioni di ricerca sul fenomeno utili a delinearne le caratteristiche sul piano statistico ed empirico. Dalla disamina della disciplina giuridica effettuata, inoltre, appare chiaramente che i professionisti che si trovino a prestare, in regime libero-professionale, attività di lavoro autonomo in favore di un singolo committente non possano vantare un complesso di tutele che garantisca loro un regime giuridico paragonabile a quello dei lavoratori subordinati, con i quali condividono, tuttavia, alcuni profili di dipendenza economica. Inoltre, l’ampio sistema di tutele sul piano assistenziale attuato dalla Cassa Pag. 53 a 56 Forense, generalmente applicabile agli avvocati nel loro complesso, viene incontro alle esigenze anche di questa specifica categoria. Il collaboratore monocommittente, tuttavia, al fine di colmare la debolezza contrattuale nel rapporto di lavoro autonomo, potrebbe avere necessità di una serie di tutele specifiche per la condizione di lavoratore economicamente dipendente. È opportuno precisare che, analogamente a quanto già operato dal legislatore nel rapporto di lavoro autonomo in generale, la previsione di tutele che limitino i poteri del committente nel contratto di prestazione d’opera intellettuale o che prevedano facoltà o diritti del collaboratore non muta in alcun modo la valutazione sul tipo negoziale autonomo del rapporto, che è e resta la base della relazione tra il collaboratore e il committente. Solo l’analogia sul piano economico tra questa forma di lavoro e la forma di lavoro subordinato potrebbe condurre alla riflessione sulla previsione di specifiche tutele, il che non nega, ma anzi dimostra la non estensibilità della generale disciplina del lavoro subordinato ad una relazione che, come si è visto anche nel presente studio, presenta una peculiarità tecnica che la rende di fatto incompatibile con l’eterodirezione che costituisce il tratto distintivo di quella forma di lavoro. Rispetto all’opportunità di discutere l’adozione di alcune tutele, l’auspicio è che il presente elaborato possa fornire un incentivo al perseguimento di un più compiuto studio del fenomeno. Ciò, fermo restando la necessità di una valutazione complessiva, anche di natura ordinamentale, circa il corretto inquadramento giuridico dei monocommittenti, che sono avvocati iscritti all’Albo professionale e per i quali è difficile ipotizzare una collocazione al di fuori delle tutele previdenziali e assistenziali garantite da Cassa Forense. Il tema, nel suo approccio teorico, sembrerebbe anche di agevole soluzione: esiste una necessità di individuare specifiche regole e tutele, che siano idonee a garantire coloro che vivono una condizione di una collaborazione professionale sulla quale il potere organizzativo del committente incide profondamente sia sul piano della dipendenza economica che su quello di collocazione dell’attività professionale nei tempi e nei luoghi stabiliti dall’organizzazione stessa. L’inserimento stabile in un’organizzazione, quando accompagnato dalla dipendenza economica, può determinare significative conseguenze sui diritti e le libertà delle persone che lavorano, a prescindere dalla natura autonoma del rapporto, e il rilievo costituzionale di tali diritti potrebbe trovare un bilanciamento nella opportuna sede legislativa. I diritti in questione, infatti, seppure non riguardino lavoratori subordinati, hanno un rilievo costituzionale che deriva dall’ art. 4 della Carta. Molti di questi diritti, inoltre, trovano separato riconoscimento in altre Pag. 54 a 56 disposizioni costituzionali, come ad esempio la tutela della salute (art. 32 Cost.) o la dignità del lavoro, intesa sia sul piano economico che morale (artt. 2 e 4 Cost.). L’approdo decisionale, tuttavia, non appare altrettanto agevole nel momento in cui si prova a coniugare la fattispecie tipica da regolamentare con i significativi principi che ispirano la professione forense: libertà, autonomia e indipendenza, ricordati più volte dalla Corte costituzionale, da ultimo nella sentenza n. 104/2022. Un lavoro svalutato, in qualunque forma lo si declini, privo di tutele che riequilibrino la condizione predetta sminuisce l’alta funzione dell’avvocatura ma, al contempo, appare opportuno che, nella formazione delle pur necessarie regole, residui comunque un sufficiente margine di autonomia e indipendenza del professionista
Altre Notizie della sezione

Chiediamo alla politica segnali concreti per trasformare le parole d’ordine in obiettivi reali
11 Settembre 2025Un contratto nuovo: la ricetta dell'Anaao Assomed.

La riforma respinta è un’occasione per ripartire dal dialogo vero
10 Settembre 2025Cuchel: “La vera riforma non è quella che cambia le regole del voto, ma quella che rafforza la dignità, l’unità e il ruolo dei commercialisti nella società”.

Scorrimento delle graduatorie: tra diritto soggettivo e interesse legittimo
09 Settembre 2025Cassazione e Consiglio di Stato ribadiscono che lo scorrimento è la regola per le assunzioni nella PA; solo se l’amministrazione non lo sceglie prevale la discrezionalità e la giurisdizione amministrativa.