Anno: XXVI - Numero 107    
Venerdì 30 Maggio 2025 ore 13:45
Resta aggiornato:

Home » Da Genova in giù: segnali da non sottovalutare.

Da Genova in giù: segnali da non sottovalutare.

I miei lettori ricorderanno che segnalai inutilmente come la sconfitta del centrodestra a Perugia, conquistata con Andrea Romizi dopo decenni di monopolio comunista, fosse un segnale da non sottovalutare, anche in vista delle elezioni regionali.

Da Genova in giù: segnali da non sottovalutare.

L’importanza di quella regione, cuore verde d’Italia divenuto azzurro, doveva consigliare alla maggioranza di governo il massimo impegno, quanto ai candidati ed a politiche che valorizzassero quei territori ricchi di turismo, anche religioso, di artigianato, d’arte. Sono prevalse logiche locali, a dir poco meschine, interne alla maggioranza, senza mettere in campo ogni possibile impegno, anche a livello nazionale, per mantenere una regione simbolo della riconquista. Niente, assolutamente niente. E il risultato è stato quello prevedibile. Perugia è caduta due volte.

Un po’ quello che è accaduto a Genova, città conquistata e perduta. Ancora un segnale che viene da scelte inadeguate e da una scarsa mobilitazione della maggioranza. Una situazione locale, certamente, ma che inevitabilmente risente dell’andamento della politica che si fa a Roma dove ci si bea di una certa visibilità internazionale della Presidente del Consiglio nella evidente considerazione che quel consenso possa in qualche modo esorcizzare il malcontento diffuso per l’aumento del costo della vita del quale tutti sono consapevoli, tranne i politici, come se non facessero la spesa o non pagassero le bollette delle utenze domestiche. Io, ad esempio, bollette di mille euro non le avevo mai viste. La spesa settimanale al supermercato, comprando sempre le stesse cose, prodotti di alta qualità, è quasi raddoppiata. Ed è quello che sento dalle persone che frequento.

La squadra di governo, poi, sembra trascurare le reali esigenze della gente. E così, accanto a norme condivise, alcune, sulla sicurezza, esigenza sentita e argomento forte del centrodestra, la maggioranza si perde nel disciplinare alcune regole dell’accesso agli uffici pubblici che dimostrano la volontà di reclutare prevalentemente amici, tra cui alcuni incaricati di funzioni dirigenziali, trascurando di assumere gli idonei dei concorsi, cioè candidati giudicati dalle relative commissioni meritevoli di ammissione ad una graduatoria nella quale risultano fuori dal novero dei nominati solo per mancanza di posti disponibili. Il malcontento dilaga ma non se ne ha contezza a Palazzo Chigi. Evidentemente mancano i sensori degli umori popolari, per mancanza di esperienza negli staff dei fedelissimi. A dimostrazione che insieme alla fedeltà occorre lealtà, la capacità di dire il vero. Che, tuttavia, c’è chi non apprezza, la considera una critica.

E così la maggioranza si consuma nel confronto parlamentare e giornalistico su battaglie ideologiche di nessun interesse per la gente, come quella della “separazione delle carriere” di giudici e pubblici ministeri perché “lo voleva Berlusconi”, ignorando completamente le aspettative dell’opinione pubblica quanto ai tempi dei processi, una delle ragioni per le quali molti sono dissuasi dall’investire e, nel penale, alle certezze che ricercano le vittime dei reati. Poi l’eliminazione del reato di abuso d’ufficio e la limitazione delle intercettazioni sono agli occhi dell’opinione pubblica un interesse esclusivo della “casta” che continua ad essere oggetto di arresti per corruzione. Né l’opinione pubblica condivide il motivo per il quale si vuole impedire alla Corte dei conti di condannare chi ha provocato danni allo Stato e agli enti pubblici per colpa grave a risarcirli.

Si tratta di un insieme di elementi che causano malessere, che può emergere al momento del voto. Un contesto nel quale è difficile non condividere quanto scrive Maurizio Belpietro su La Verità di oggi, considerato che il piccolo test elettorale di domenica e lunedì precede le elezioni in ben sei regioni nelle quali “il centrodestra non pare avvantaggiato”. A settembre dovranno essere scelti i Presidenti di Veneto, Marche, Campania, Toscana, Puglia e Valle d’Aosta, un test significativo in vista delle elezioni a Roma e Milano e nella prospettiva della scelta di senatori e deputati. 

Nel Veneto e nelle Marche governa il centrodestra. La sostituzione di Zaia, imposta dalla legge, scrive Belpietro “rischia di mandare in pezzi la maggioranza di centrodestra. Non è ancora chiaro chi verrà candidato alla Presidenza e se l’incarico toccherà un leghista o a qualcuno del partito del premier. Al punto che non è esclusa la possibilità che il centrodestra si presenti con più nomi, uno per ogni partito che fa parte della coalizione, “con Zaia a sorreggere un suo delfino per poter rientrare dalla finestra dopo essere uscito dalla porta. La vittoria non sembrerebbe in discussione perché a sinistra non hanno candidati credibili. Tuttavia, le certezze traballano”.

Nelle Marche Francesco Acquaroli, esponente di Fratelli d’Italia cerca la riconferma ma si trova dinanzi Matteo Ricci, europarlamentare del Partito Democratico che punta a scalzarlo. “In altre parole la campagna per il rinnovo dei consigli regionali in sei Regioni parte male perché la sinistra, che è in campagna elettorale per il referendum dell’8 e 9 giugno, mira a strappare un successo per candidarsi a governare il Paese”.

Nel 2026 si terranno le elezioni a Milano e Roma, entrambe in mano alla sinistra. Riconquistarle sarebbe importante, “ma per riuscirci non si potrà pensare certo all’ultimo minuto chi candidare, come accaduto in passato. Soprattutto non ci si può dividere come successe nella Capitale quattro anni fa”. Le conclusioni di Belpietro sono le stesse che avevo utilizzato a proposito dell’Umbria e di Perugia. Urge riflettere sulla sconfitta di Genova “non per fare un mea culpa, ma almeno per preparare la vittoria alle regionali e alle prossime amministrative. Infatti, più si temporeggia e più si rischia”. 

Ecco, qui correggerei l’ottima analisi di Belpietro perché un minimo di “mea culpa” andrebbe fatto. Le sconfitte non accadono per caso. È evidente che sono stati fatti errori, in sede locale e a Roma. Sbagliando s’impara, dice un vecchio adagio popolare. Ma solamente se si è consapevoli dell’errore.

 

© Riproduzione riservata

Iscriviti alla newsletter!Ricevi gli aggiornamenti settimanali delle notizie più importanti tra cui: articoli, video, eventi, corsi di formazione e libri inerenti la tua professione.

ISCRIVITI

Altre Notizie della sezione

Dalla stagione riformatrice a quella trasformatrice.

Dalla stagione riformatrice a quella trasformatrice.

30 Maggio 2025

Così il Presidente dell’Enpam e dell’AdEPP, Alberto Oliveti, nel suo editoriale pubblicato sull’ultimo numero del settimanale “Il giornale della Previdenza”, dove sottolinea “Si è concluso un mandato. Così il Presidente dell’Enpam e dell’AdEPP, Alberto Oliveti, nel suo editoriale pubblicato sull’ultimo numero del settimanale “Il giornale della Previdenza”, dove sottolinea “Si è concluso un mandato.

Il relativismo del terzo mandato

Il relativismo del terzo mandato

27 Maggio 2025

Per meglio comprendere le nostre valutazioni critiche, è opportuna una narrazione che ricordi anche una sintetica cronologia degli avvenimenti: il 29 aprile si è svolta l’agorà degli ordini e delle unioni, riunione come noto introdotta per la prima volta dall’imperatore prima del golpe di Rimini, per cercare di bypassare il congresso e i suoi esiti dialogando direttamente appunto con ordini e unioni.

Archivio sezione

Commenti


×

Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all’uso dei cookie.