Chiediamo alla politica segnali concreti per trasformare le parole d'ordine in obiettivi reali
Un contratto nuovo: la ricetta dell'Anaao Assomed.
In evidenza

Passata anche l’estate, ci avviamo a una nuova tornata contrattuale. Ed è subito dejà vu. Un contratto di lavoro scaduto da 2 anni, risorse economiche che, in buona parte, stiamo già percependo mensilmente, insufficienti anche solo a recuperare l’inflazione del triennio 2021-2023, incertezza sulla tempistica di inizio e fine. Viene da pensare, e chiedersi, a che serve un contratto?
Proviamo a rispondere.
- Il contratto è lo strumento principale attraverso il quale le condizioni di lavoro possono essere discusse e, a volte, migliorate, per cercare soluzioni alle diverse criticità del lavoro dei dirigenti medici e sanitari, complesso nella sua essenza quanto nella sua prassi. Non a caso in epoche in cui si voleva minare il ruolo del sindacato è stato attaccato il contratto di lavoro con un blocco decennale (Dlgs 78/2010).
- Il contratto, pur con risorse limitate dai vincoli della pubblica amministrazione, è l’unico mezzo di incremento economico, periodico e generalizzato. Incremento al quale si deve, in larga parte, l’aumento delle entrate fiscali, legato al fiscal drag, che contribuisce a tenere in ordine i conti del MEF. Quindi firmare un contratto conviene anche allo Stato.
C’è da chiedersi, però, se lo strumento contrattuale, così come confezionato da leggi e regolamenti, sia davvero in grado di interferire con la crisi profonda che investe oggi il mondo delle professioni sanitarie. E se il perimetro della contrattazione protegga le esigenze dei professionisti, fino a migliorare l’appeal della loro professione, e quelle dell’economia e della politica.
O se una firma possa arrestare un trend che vede medici e dirigenti sanitari abbandonare in massa ospedali e sanità pubblica preferendo altre mete e altri lidi (10 medici ogni giorno si dimettono dal SSN).
Se così non fosse, dovremmo interrogarci sulla reale utilità del contratto di lavoro che, anche sotto il profilo economico, da molti anni, appare largamente insoddisfacente per incrementi spesso inferiori rispetto ai benefit fiscali concessi ad altre categorie di lavoratori.
Cambiamo allora domande: questa liturgia contrattuale è sufficiente a rispondere alle esigenze dei professionisti in un mondo sanitario profondamente mutato, con una demografia in continua trasformazione (basti pensare che il 70% degli studenti iscritti (?) al nuovo corso di medicina è donna) e una pletora medica in arrivo che richiederà, non fosse altro che per ragioni di coesistenza, sempre maggiore flessibilità?
O ancora, questa liturgia è capace di assicurare un riconoscimento professionale slegato da logiche non meritocratiche e lungaggini burocratiche che vedono le carriere avanzare con lentezza drammatica fino a bloccarsi (per sostituire un direttore di UOC passano anni in un abuso continuo di funzioni superiori a parità di stipendio)?
Insomma, il mondo ospedaliero è cambiato e sta cambiando con una velocità che rende vane le discussioni filosofiche e inutili le diagnosi.
Tuttavia, non cambiano le regole di ingaggio, di convivenza, di lavoro, le parole e i paradigmi della professione.
Occorre calarsi nella realtà e analizzare le problematiche connesse a un servizio di cure e una professione che hanno mutato faccia e sono in cerca di nuova identità. Serve una sterzata che privilegi i valori professionali rispetto a quelli organizzativi e fermi una corsa alla deregulation nell’utilizzo delle risorse umane, costi da tagliare prima e più degli altri.
Se la salute non è una merce, come sentiamo affermare da più parti (e ne siamo convinti), gli investimenti sul Fondo Sanitario Nazionale non possono essere disgiunti da quelli sul personale, contrattuali ed extracontrattuali, che realizzino un reale cambiamento di paradigma del ruolo e dello status dei medici e dei dirigenti sanitari, il cui lavoro reclama un diverso valore, anche salariale, diverse collocazioni giuridiche e diversi modelli organizzativi.
Siamo in una fase storica in cui la politica farebbe meglio a smettere l’infinito gioco delle parti per cercare una soluzione condivisa alla crisi di identità dei medici e dei dirigenti sanitari ospedalieri, aspetto primario della crisi di sistema di un Ssn alle prese con carenze e diseguaglianze regionali.
Non basterà il mantra “cambiare verso” perché occorre una visione organica, non rivendicazioni fini a sé stesse corporative e divisive.
Attendiamo l’atto di indirizzo rilanciando, con forza e spirito unitario, la necessità di firma immediata di un contratto già scaduto per aprire una nuova tornata che, insieme con il miracolo di rispettare i tempi di scadenza, metta le premesse per significativi passi sulla strada del cambiamento. Continuando a ragionare di logiche ideologiche, convenienze corporative, vantaggi aziendali, o peggio pareggi di bilanci, non faremo altro che accelerare quel processo di disgregamento e scollamento già in atto tra i professionisti, la società civile e le istituzioni che fa male a tutti ma soprattutto ai cittadini.
Altrimenti abbiamo il coraggio di dire che un mondo sanitario è finito, e avanti il prossimo, fatto di privatizzazione, medicina robotica, task shifting, medici post moderni e prestazioni sanitarie svilite in merce e bene di consumo. Una confusione professionale e sociale che si riverserà inevitabilmente su tutti. Un fallimento per istituzioni e parti sociali se non riescono a salvare il bene comune più prezioso e la principale infrastruttura sociale di un Paese moderno: la sanità.
Romperla risulterà facile, ma difficilissimo sarà poi evitare che siano reddito e residenza a decidere della salute.
Ci aspettiamo segnali politici concreti di una ricetta anticrisi, non solo un nuovo contratto, ma un nuovo modello contrattuale.
Carriere più veloci: serve velocizzare la crescita professionale. È inaudito che la competenza in questo Paese sia strettamente collegata e dipenda dall’anzianità con eliminazione dei vincoli per gli incarichi.
Stipendi adeguati: non possiamo continuare a ragionare di aumenti stipendiali inferiori anche agli indici di consumo che appaiono come un’elemosina.
Selezioni e promozioni meritocratiche: le selezioni devono essere separate da logiche politiche e velocizzate nei tempi. È inaccettabile che si debba attendere anche 3 anni per sostituire un primario.
Flessibilità: il mondo medico e sanitario cambia e con esso cambiano le esigenze dei professionisti. È impellente che ci sia una maggiore possibilità di scelta del tempo da dedicare al lavoro da parte del medico e del dirigente sanitario che permetta una maggiore conciliazione tempo di lavoro-tempo di vita.
Formazione: i medici in formazione meritano un inquadramento che riconosca diritti doveri e adeguata formazione con immissione veloce nel mondo del lavoro.
Welfare aziendale: siamo in ritardo decennale rispetto agli stakeholders privati in tema di welfare aziendale. Reali investimenti devono essere inseriti in una dinamica che preveda un posto di lavoro a misura di professionista.
Usciamo quindi dal profondo medioevo professionale nel quale siamo calati ormai da troppo tempo, allontaniamoci da richieste corporative e ideologiche o peggio demagogiche che rischiano solo di far associare l’azione sindacale indebitamente a quella politica. Cambiamo linguaggio parlando ai colleghi o non solo dei colleghi o per i colleghi.
Queste sono le nostre parole d’ordine che devono trasformarsi in obiettivi reali.
È tempo che la Politica compia scelte coraggiose a supporto delle trattative per il rinnovo del Ccnl.
Pierino Di Silverio Segretario Nazionale Anaao Assomed
Altre Notizie della sezione

La riforma respinta è un’occasione per ripartire dal dialogo vero
10 Settembre 2025Cuchel: “La vera riforma non è quella che cambia le regole del voto, ma quella che rafforza la dignità, l’unità e il ruolo dei commercialisti nella società”.

Scorrimento delle graduatorie: tra diritto soggettivo e interesse legittimo
09 Settembre 2025Cassazione e Consiglio di Stato ribadiscono che lo scorrimento è la regola per le assunzioni nella PA; solo se l’amministrazione non lo sceglie prevale la discrezionalità e la giurisdizione amministrativa.

Pensione forense, la Cassazione apre alla via transattiva
08 Settembre 2025Il rigetto del ricorso di Cassa Forense (sent. n. 2473/2025) conferma la correttezza del comportamento dell’iscritto. Una soluzione negoziata potrebbe prevenire ulteriori giudizi di rinvio e ricorsi destinati, con ogni probabilità, a premiare gli avvocati.