Estate 2025 crollo nei lidi: –15% di presenze
Prezzi in aumento e famiglie italiane più caute riducono soggiorni e consumi; tengono Sardegna e Puglia grazie al turismo estero, crollo in Calabria ed Emilia-Romagna.
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L’estate 2025 consegna un’immagine a tinte contrastanti per il turismo balneare italiano. Da un lato le spiagge continuano a rappresentare una delle mete più ambite, dall’altro i dati pubblicati ad agosto dal Sindacato Italiano Balneari (SIB) confermano una domanda interna per servizi e strutture che arretra in modo significativo. Il risultato è che negli stabilimenti balneari si registra un calo medio delle presenze e dei consumi del 15% a luglio rispetto allo stesso mese del 2024, con punte che arrivano fino al 25% in regioni come Calabria ed Emilia-Romagna.
Un dato che allarma gli operatori del settore e che potrebbe, secondo le proiezioni, rendere il 2025 un anno in cui la riduzione complessiva di clienti e consumi raggiungerà livelli record. Le stime più pessimistiche parlano appunto di una flessione fino a un quarto delle presenze complessive.
La ragione principale di questa contrazione è da ricercarsi nell’aumento dei prezzi che ha caratterizzato le ultime stagioni estive. Ombrelloni, lettini, servizi aggiuntivi e consumazioni nei bar degli stabilimenti sono diventati sempre più cari.
Se da una parte il turismo internazionale riesce a sostenere questi rincari – anche perché i visitatori stranieri percepiscono spesso i prezzi italiani ancora competitivi rispetto ad altre mete mediterranee – per le famiglie italiane la situazione è diversa. La combinazione di salari stagnanti, costo della vita crescente e vacanze sempre più onerose spinge molti a limitare le giornate in spiaggia, a concentrare le presenze nei fine settimana o, in alcuni casi, a rinunciare del tutto agli stabilimenti preferendo le spiagge libere.
Come ha sottolineato il presidente del SIB, Antonio Capacchione: “Le presenze in spiaggia si sono concentrate principalmente nei fine settimana, a riprova di una difficoltà economica delle famiglie italiane”. In altre parole, i cittadini scelgono di vivere il mare a tempo ridotto, rinunciando a soggiorni più lunghi o all’abbonamento stagionale che, un tempo, era una consuetudine per molte famiglie.
Il calo non è uniforme lungo la Penisola. Le analisi del SIB mostrano differenze regionali significative. Sardegna e Puglia registrano dati positivi anche a luglio, confermando la loro attrattività per il turismo internazionale e la capacità di mantenere elevata la domanda. Al contrario, Calabria ed Emilia-Romagna segnano flessioni pesantissime, con punte del 25%.
Questa disparità territoriale evidenzia due dinamiche. Da un lato la tenuta delle regioni più conosciute e meglio collegate ai mercati stranieri (secondo il SIB, quest’anno si sono visti meno tedeschi – storicamente tra i principali visitatori delle coste italiane – e più turisti provenienti dai Paesi scandinavi e dell’Europa dell’Est), dall’altro la fragilità delle aree che dipendono in misura maggiore dal turismo domestico e che soffrono di più per la riduzione della spesa delle famiglie italiane.
In prospettiva, questa tendenza rischia di accentuare il divario tra le regioni costiere più competitive a livello internazionale e quelle che basano la loro economia balneare su un turismo di prossimità o nazionale.
Il vero problema non è solo con le presenze, perché a calare è anche la spesa media. I dati raccolti dagli operatori evidenziano che chi va in spiaggia tende a ridurre i consumi extra. Meno pranzi al ristorante dello stabilimento, meno noleggio di attrezzature sportive, meno partecipazione alle attività organizzate.
Se la tendenza dovesse confermarsi anche per agosto, il 2025 potrebbe essere ricordato come l’anno in cui il turismo balneare italiano si è trovato davanti a un bivio. Continuare con il modello tradizionale – basato su rincari per compensare i costi crescenti – rischia di alienare la clientela nazionale, impoverendo la base su cui per decenni si è retto il successo delle spiagge italiane.
Dall’altra parte, l’aumento della presenza straniera apre la strada a una possibile riconfigurazione dell’offerta, più internazionale e meno dipendente dalla domanda interna. Tuttavia, questa strategia comporta rischi: in primis la vulnerabilità a crisi economiche o geopolitiche nei Paesi di provenienza dei turisti.
Il settore balneare deve quindi interrogarsi su come conciliare accessibilità e sostenibilità economica. Pacchetti flessibili, tariffe differenziate, servizi innovativi e un maggiore equilibrio tra stabilimenti privati e spiagge libere attrezzate potrebbero essere alcune delle soluzioni.
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