Anno: XXVI - Numero 197    
Martedì 14 Ottobre 2025 ore 13:30
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Carabinieri a Rafah e truppe per il peacekeeping: il ruolo dell'Italia nella pace

Meloni dà "la disponibilità" a inviare truppe in missioni di peacekeeping.

Carabinieri a Rafah e truppe per il peacekeeping: il ruolo dell'Italia nella pace

Un rimpallo di telefonate, proposte e abili posizionamenti. L’Italia vuole un ruolo a Gaza e, probabilmente, lo avrà. A partire dalla poltrona nella governance guidata dal presidente americano Donald Trump e l’ex premier britannico Tony Blair. Il governo ragiona sull’invio di truppe “in una missione di peacekeeping”, spiegano dalla Farnesina, mentre la Difesa autorizza la ripresa delle attività italiane al valico di Rafah, gestite dai Carabinieri. Un pacchetto che Giorgia Meloni presenterà di persona alla cerimonia di firma del cessate il fuoco in Egitto di lunedì prossimo, mentre il vicepremier Matteo Salvini propone il tycoon per il Nobel dell’anno prossimo.

Già ieri, ai microfoni Rai, la premier Meloni aveva detto di essere “molto fiera del lavoro silenzioso ma costante dell’Italia, riconosciuto da tutti gli attori in campo”. A partire dai mediatori, tra i quali la Turchia e i Paesi arabi come il Qatar. Meloni ha infatti sentito di recente lo sceicco al-Thani e, come annunciato dal vicepremier Antonio Tajani, è pronta a volare in Egitto: è stata invitata alla “grande cerimonia di firma ufficiale del cessate il fuoco”, ha spiegato Tajani, come “mi ha detto ieri il ministro degli Esteri egiziano”.

Non sono pochi i dettagli che mancano in uno scenario in continua evoluzione: “L’incontro dovrebbe tenersi lunedì”, chiariscono dalla Farnesina. Secondo il sito americano Axios, il generale egiziano Abdul Fattah al-Sisi, che ha già contattato e invitato diversi leader europei e arabi, attende Donald Trump lunedì pomeriggio a Sharm-el-Sheikh. Insieme al tycoon, ci saranno i leader di Germania, Francia, Regno Unito, Qatar, Giordania, Turchia, Arabia Saudita e quindi Italia.

Il ministro degli Esteri – che mercoledì prossimo riferirà in Parlamento sugli sviluppi in Medio Oriente – è tornato da Parigi dove con gli alleati europei e arabi, in un incontro aperto dal francese Emmanuel Macron, ha presentato le proposte italiane per il mantenimento della pace, nel quadro del piano Trump: da un posto nel Board of peace, il consiglio che amministrerà la fase transitoria a Gaza, alla ricostruzione di ospedali e infrastrutture nella Striscia. Il governo, come ribadito ancora oggi da Tajani, ha dato “disponibilità” a partecipare alla una forza di peacekeeping. Da capire se l’intervento sarà inquadrato nell’Isf, la forza internazionale di stabilizzazione che verrà dispiegata a Gaza per addestrare le future forze di polizia palestinesi. I peacekeepers vengono promessi anche dalla Spagna, mentre c’è prudenza a Londra: “Inviare truppe a Gaza non è nei nostri piani”, ha dichiarato alla BBC il ministro degli Esteri britannico Yvette Cooper. Saranno comunque gli Usa a guidare la task force, ma “le truppe sul campo saranno fornite dagli Stati vicini”, secondo Downing Street.

Un impegno dell’aeronautica o di alcuni reparti dell’esercito italiano è quindi “prematuro”, dicono dal governo. Ma i nostri militari sono da tempo presenti nella regione. Circa mille peacekeepers operano sotto l’egida Onu nella missione Unifil, nel sud del Libano. I Carabinieri invece sono di stanza a Gerico, impegnati nella missione addestrativa MIADIT. Altri militari italiani sono inquadrati nella missione Ue di assistenza ai confini al valico di Rafah, detta EUBAM. Proprio oggi, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha annunciato che, “dopo essermi sentito e confrontato” con la premier e Tajani, “ho autorizzato il Capo di stato maggiore della difesa, generale Portolano, a disporre la ripresa delle attività italiane” a Rafah, per “la riapertura del valico”. Il via liberà ufficiale arriverà il 14 ottobre, come secondo il piano Trump.

L’Italia continua anche su altri fronti il suo impegno umanitario nella Striscia, a partire dalla distribuzione di aiuti e pasti. Riconoscimenti preziosi, che Meloni ricorderà in Egitto, mentre il vicepremier Salvini scalpita e, dopo la mancata vittoria di Trump al Nobel per la pace, propone il presidente americano per il 2026: “L’anno prossimo se fra Gerusalemme e Gaza va come va e se, aggiungo, anche fra Kiev e Mosca cesseranno di parlare le armi, mi sembra che non uno ma tre premi Nobel per la pace andranno a Trump”. Un’idea subito sposata dal suo partito, la Lega, che ha presentato una mozione alla Camera e al Senato.

di Giulio Ucciero su Huffpost

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