L’entusiasta slogan della sinistra vincente a Genova e Ravenna tramonta in due giorni sulla piazza per Gaza.
Che già sono almeno tre piazze. Come resta soffice il guanciale di Meloni

“Uniti si vince, Giorgia Meloni deve preoccuparsi”, gongolava Elly Schlein due giorni fa. È successo che il famigerato Campo largo, l’alleanza onnicomprensiva di tutti i partiti che sono all’opposizione del governo, ha vinto le elezioni comunali a Genova e a Ravenna. Per una dozzina di ore Silvia Salis, la papessa straniera convinta a guidare il centrosinistra verso il sol dell’avvenire, è diventata una sorta di novella Romano Prodi, la coalizione che l’ha sostenuta tra i carrugi il modellino di un nuovo Ulivo da esibire nei talk serali.
Passano ventiquattr’ore, e Meloni può tornare a dormire sonni tranquilli. Giuseppe Conte compulsa i sondaggi, si accorge che la patina della vittoria genovese è appena sufficiente a mascherare il magrissimo bottino di voti delle sue liste, che non raggiungono la doppia cifra quasi da nessuna parte, ad eccezione di pochi casi nei quali i pentastellati correvano da soli. E quindi uniti si vincerà, forse, “ma non a tutti i costi”.
Dunque lunedì “uniti si vince”, martedì però forse anche no. E poi si arriva a mercoledì. Perché mercoledì il sol dell’avvenire è già tramontato. Elly Schlein, Giuseppe Conte, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli annunciano una grande manifestazione per fermare la guerra a Gaza. Appuntamento a Roma il 7 giugno, a piazza San Giovanni. Carlo Calenda e Matteo Renzi non è che siano così convinti di partecipare. Si parlerà di genocidio in piazza? Si potranno portare le bandiere di Israele? Non si sa, i quattro promotori non chiariscono. Così i due si sentono: facciamo un’altra piazza insieme, ma a Milano, e il giorno prima, il 6 giugno. Grande idea. Aderiscono anche +Europa e il partito Liberaldemocratico di Luigi Marattin. Non è che sia la pace tra Peres e Arafat, ma che il Terzo Polo rinasca per un giorno da queste parti è quasi una notizia.
Insomma, chi invoca la pacificazione nella Striscia non riesce a trovare nemmeno un’intesa per condividere una piazza insieme. Due popoli e due piazze, quindi. Anzi no. Perché di piazze in realtà ce ne sono tre. Due settimane dopo, il 21 giugno, Arci, Sbilanciamoci, Rete Italiana Pace e Disarmo, Fondazione Perugia Assisi, Greenpeace Italia, Attac e Transform Italia, si sono convocati a Roma per una “grande manifestazione (aridaje) contro il riarmo e il genocidio”. Certo, nessuna delle sigle promotrici è quella dei partiti che dovrebbero vincere uniti, ma quando chi vi aderisce va alle urne, a naso, vota da quelle parti. Il pesto che ha condito i sogni del “uniti si vince” si è già ossidato.
di Pietro Salvatori su HuffPost
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