L’ansia attanaglia la ‘’Milano del mattone’’.
Qui salta tutto’’, balbettano spaventati controllando ogni minuto i lanci delle agenzie e sobbalzando ad ogni squillo o whatsapp del telefonino.

Se al termine degli interrogatori in corso, il Gip Mattia Fiorentini decidesse di accogliere le richieste di misure cautelari proposte dai Pm della Procura di Milano su una presunta “degenerazione della gestione urbanistica” da parte del Comune di Milano, a quel punto, esploderebbe una Santa Barbara a misura Duomo.
E potrebbe ripetersi ciò che successo all’epoca di Tangentopoli: a tanti dei 74 indagati, la paura di finire in gabbia a San Vittore aprirebbe le valvole della memoria. E la maxi indagine, oltre alle richieste di arresti domiciliari per l’imprenditore Manfredi Catella e per l’assessore alla Rigenerazione Urbana, Giancarlo Tancredi, e di carcere per Giuseppe Marinoni e Alessandro Scandurra, presidente e vice della disciolta Commissione per il paesaggio, potrebbe ancora allargarsi.
Non solo per i molti progetti ancora da scandagliare, ma anche perché durante le ultime perquisizioni sono stati sequestrati pc, tablet e cellulari, documenti, mail e altro materiale ritenuto “interessante”.
Da parte sua, il sindaco Giuseppe Sala, indagato, una volta intascata la solidarietà da destra e sinistra, ha ripreso a macinare arroganza, e ha sparato testardo e spavaldo: “Le dimissioni non avrebbero fatto comodo a nessuno…”. Qualcuno gli ricordi che l’uso sbarazzino dell’urbanistica meneghina è avvenuto sotto il suo nasone.
Del resto, una frase come “la velocità a cui corre Milano ha bisogno di correzioni continue”, ha spinto Paolo Pileri, ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al Politecnico di Milano a dichiarare sdegnato sul sito “Altraeconomia”: “Mi imbarazza che la questione morale non sia stata neppur sfiorata nel discorso di Sala, forse convinto che non vi sia alcuna violazione a nessun codice etico.
E continua: “Una convinzione che mi viene confermata dall’uso ardito della parola “virtù”, usata solo per lodare l’abilità del Comune nel costruire collaborazioni pubblico-private, quale miglior pista possibile per “fare la città”.
‘’Una lode che, quantomeno, scricchiola da tutte le parti”, aggiunge Paolo Pileri, ‘’vista la vicenda del “Salva Milano” dove proprio il tipo di accordo pubblico-privato scelto dal Comune di Milano (procedure urbanistiche semplificate e scontate al posto di piani attuativi e oneri urbanistici più alti) ha consentito a quest’ultimo di pagare molti meno oneri di urbanizzazione del dovuto, riducendo quindi gli incassi spendibili per servizi e opere a favore di tutti i cittadini’’.
E conclude: “Quel “Salva Milano” che, ricordiamolo, il sindaco ha fortemente sponsorizzato per ottenere una legge nazionale fino a quando, davanti all’evidenza degli arresti, ha capitolato ritirando la sua richiesta”.
Sul Sistema Milano, sul “Fatto quotidiano”, interviene Gianni Barbacetto, l’unico giornalista che ha nel corso degli anni martellato la gestione Sala (il suo libro “Contro Milano” è ritornato tra i più venduti).
“Chi è dotato di buona fede e media intelligenza ha capito benissimo il Sistema: il nuovo skyline di Milano non è stato deciso dalle istituzioni in nome del bene della città, ma dagli imprenditori immobiliari e dai rappresentanti dei fondi che devono portare a casa il loro risultato: più profitto; dunque più cemento. Risultato legittimo, è il loro lavoro”, scrive Barbacetto.
‘’Sono il sindaco, l’assessore, i dirigenti del Comune che devono fare argine, progettando la città per il bene comune e imponendo a tutti di rispettare la trasparenza e le leggi urbanistiche”, continua l’articolo del “Fatto.
Nel Sistema Milano, invece, a decidere erano i costruttori (oggi si chiamano “sviluppatori”), che per raggiungere i loro risultati hanno pagato – il conto lo ha fatto la Guardia di Finanza – 3,9 milioni di euro ai progettisti double face: come componenti della Commissione paesaggio (dunque pubblici ufficiali) approvavano i progetti; come progettisti passavano a riscuotere dai costruttori ricchi incarichi e consulenze”.
Ora i fantasiosi “sviluppatori” del Sistema Milano sono, come dire?, in ‘’Sala d’aspetto’’, incrociando le dita e toccando ferro che il Gip non faccia scendere la mannaia. A quel punto, scatterebbe il “Si salvi chi può…”
Dagoreport
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