Anno: XXVI - Numero 197    
Martedì 14 Ottobre 2025 ore 13:30
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O si investe sui professionisti o il Ssn chiude.

Alla vigilia dell'incontro del Governo sulla legge di bilancio 2026 atteso per oggi, l’Anaao Assomed ribadisce la stretta esigenza di dare una svolta alla sanità e soprattutto ai professionisti.

O si investe sui professionisti o il Ssn chiude.

“Si passa – commenta Pierino Di Silverio, Segretario Nazionale Anaao Assomed – da una possibile svolta riguardo gli stipendi di medici e dirigenti sanitari, all’ennesima delusione per le promesse disattese. In mezzo ballano circa 500 milioni che servono a defiscalizzare (ricordiamo che i dipendenti pubblici hanno la pressione fiscale più alta contribuendo per l’80% alle casse dell’erario contrariamente ai privati) o aumentare quella parte dello stipendio che dà conto dell’affezione dei medici al nostro Ssn e a sanare la profonda iniquità tra medici e dirigenti sanitari nelle risorse per l’indennità di specificità creata dalla precedente legge di bilancio.

Se dovessimo ‘spuntarla’ per una volta potremmo riconoscere che si inizia a investire realmente sui medici e sui dirigenti sanitari, avviando quel percorso di recupero dell’inflazione che potrebbe trovare nei prossimi due contratti già finanziati l’espressione finale.

Insomma, siamo a un bivio – dichiara Di Silverio – per cercare un riavvicinamento con quella classe medica portata agli onori delle cronache ormai da troppo tempo solo per presunte denunce o per false promesse. Sia chiaro che senza investimenti robusti sul personale, richiesti anche dal Ministro della salute, il sistema non reggerà. E non sarà sufficiente stanziare risorse su capitoli diversi per mettere a tacere il bisogno impellente di risollevare la categoria dopo anni di parole al vento.

Per questo vogliamo lanciare un appello al Governo, conclude Di Silverio: non perdiamo questa occasione. La reazione della categoria sarebbe devastante, saremo costretti ad andar via e soprattutto non riusciremo a fermare l’emorragia di colleghi e colleghe che abbandonano gli ospedali. Non si tratta di rivendicazioni corporative, ma di una esigenza sociale, civica, professionale”.

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