Lo stipendio degli specializzandi fermo da 23 anni.
Il vicepresidente Fnomceo Giovanni Leoni in audizione alle Commissioni Cultura e Affari Sociali: “Trattati da studenti, ma lavorano come medici. Riconoscere diritti e tutele”.
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“Uno stipendio di 1.680 euro al mese, che si riduce a 1.300 dopo le spese obbligatorie per esercitare. Nessuna tutela per malattia o maternità. Niente straordinari, ferie, o diritti contrattuali. Eppure, responsabilità e mansioni equivalenti a quelle degli specialisti.” È la fotografia – impietosa – del presente vissuto dai medici specializzandi in Italia, scattata dalla Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri (FNOMCeO), durante un’audizione al Senato sui disegni di legge per la riforma della formazione medica. A parlare è il vicepresidente Giovanni Leoni, che nel corso dell’audizione alle Commissioni riunite Cultura e Affari Sociali ha lanciato un allarme: “Lo stipendio degli specializzandi è fermo da 23 anni, ma nel frattempo le loro responsabilità sono aumentate enormemente. È ora di riconoscere che quello che svolgono è lavoro a tutti gli effetti, e come tale deve essere retribuito e tutelato”.
La FNOMCeO avanza una proposta chiara: inquadrare gli specializzandi nel Contratto Collettivo Nazionale dell’Area Sanità, creando una sezione dedicata e trasformando l’attuale borsa di studio in un vero stipendio da lavoro subordinato, con straordinari, ferie, tutele previdenziali e assicurative. “L’attività prestata dagli specializzandi – ha spiegato Leoni – è sostanzialmente identica a quella dei medici strutturati. Non si può continuare a far finta che siano semplici studenti”. Il vicepresidente ha inoltre puntato i riflettori su un altro dato allarmante: l’abbandono delle specialità chiave per il Servizio Sanitario Nazionale. “Il 58% dei posti in Medicina d’Emergenza-Urgenza resta scoperto, il 21,5% in Anestesia e Rianimazione. E sono proprio queste le specializzazioni più disertate o abbandonate durante il percorso”. Secondo la FNOMCeO, le motivazioni sono chiare: lavoro più usurante, impossibilità di attività privata, elevato rischio medico-legale. La proposta? Incrementare la parte variabile dello stipendio in base alla specialità scelta, riconoscere alcune di esse – come l’Emergenza e l’Anestesia – come lavori usuranti, e prevedere quindi il diritto a un pensionamento anticipato. Ma la denuncia della FNOMCeO non si ferma al piano economico. Leoni ha invocato una riforma complessiva dell’accesso e della formazione: “Non possiamo più permettere che il numero programmato di accessi a Medicina venga deciso senza una reale programmazione dei fabbisogni futuri. Rischiamo di formare disoccupati o, peggio, di spingerli all’estero”.
Proposto anche un riconoscimento del percorso del Liceo a curvatura biomedica, con una possibile riserva di posti nelle Facoltà di Medicina per gli studenti che lo completano, e il rafforzamento del ruolo dell’Osservatorio nazionale della formazione medica specialistica, che dovrebbe includere la FNOMCeO tra i membri permanenti. Situazione ancora più critica per i medici di medicina generale in formazione: la loro borsa di studio vale circa la metà di quella degli specializzandi. La Federazione chiede non solo l’equiparazione dei compensi, ma anche un adeguamento dei programmi, il riconoscimento della Medicina Generale come specializzazione a tutti gli effetti, e la valorizzazione dell’autonomia professionale. “Siamo favorevoli all’innovazione – ha sottolineato Leoni – ma servono più risorse, più personale e modelli organizzativi compatibili con la vita familiare, specialmente in un contesto dove la professione è sempre più femminile”. Infine, la FNOMCeO ribadisce la necessità di aggiornare i programmi formativi con un’attenzione particolare alle grandi sfide della sanità globale, come l’antibiotico-resistenza, indicata come possibile prima causa di morte entro il 2050. “In un momento così critico per il nostro Servizio Sanitario Nazionale – ha concluso Leoni – non possiamo permetterci di ignorare chi rappresenta il suo futuro. Serve una riforma seria, strutturale, che restituisca dignità al lavoro e alla formazione dei nostri giovani medici”.
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