Le libere professioni: un presidio di stabilità e coesione sociale
Nel report “Il ruolo sociale dei liberi professionisti”, elaborato in occasione del Giubileo dei professionisti, Confprofessioni fotografa la realtà degli studi professionali.
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In occasione del Giubileo dei professionisti, Confprofessioni ha presentato oggi il report “Il ruolo sociale dei liberi professionisti”, a cura dell’Osservatorio delle Libere Professioni, che analizza l’evoluzione del lavoro dipendente negli studi professionali in Italia. Il documento evidenzia un comparto occupazionale in costante crescita, caratterizzato da una forte presenza femminile, un’elevata stabilità dei rapporti di lavoro e un modello di welfare bilaterale pensato per le esigenze specifiche del settore professionale.
Dal 2014 al 2024, il numero dei dipendenti degli studi professionali è aumentato del 26,7% nelle attività professionali, scientifiche e tecniche, superando i 710 mila addetti, e del 21,3% nell’area sanitaria e assistenziale, con quasi 375 mila lavoratori. Le donne rappresentano una parte predominante tra i lavoratori dipendenti, raggiungendo il 58% nei settori professionali, scientifici e tecnici e oltre il 73% negli studi sanitari. Nei primi si osserva inoltre una maggiore incidenza di giovani under 35 (32,7%) rispetto alla media nazionale, segno di un comparto attrattivo per le nuove generazioni.
«Gli studi professionali si confermano un punto di riferimento per un’occupazione stabile e fondata su competenze specialistiche, che contribuisce alla crescita economica, alla qualità del lavoro e al rafforzamento della coesione sociale, rendendo le libere professioni una componente strutturale e vitale del sistema economico e civile del Paese», ha commentato il presidente di Confprofessioni, Marco Natali.
Dal report emerge, inoltre, che gli studi professionali si distinguono per una stabilità occupazionale superiore alla media dell’economia: l’87,4% dei contratti nelle attività professionali, scientifiche e tecniche e oltre il 91% negli studi sanitari è a tempo indeterminato, contro l’85,3% del totale dei settori. Anche il turnover risulta tra i più bassi dell’intero sistema produttivo, con un indice di 50 punti nelle attività tecnico-scientifiche e appena 17 punti negli studi sanitari, a fronte dei 79 punti medi dei servizi.
«I dati rivelano che i livelli di soddisfazione dei dipendenti degli studi professionali sono più alti rispetto alla media dei servizi, in particolare per la stabilità del posto di lavoro, la qualità delle relazioni interne e la conciliazione tra vita privata e lavorativa, a conferma di un ambiente equilibrato e inclusivo», ha aggiunto Natali. «Il sistema di bilateralità promosso da Confprofessioni attraverso Cadiprof, Ebipro e Fondoprofessioni rappresenta uno strumento concreto di welfare partecipativo, che garantisce una rete integrata di tutele per i dipendenti degli studi professionali».
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